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Il matrimonio con cittadino italiano non esclude l'espulsione

Bisogna dimostrare l'effettiva convivenza con il coniuge - Non è bastato invocare l'articolo 19 comma 2 del Testo Unico dell'Immigrazione che recita "non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall’articolo 13, comma 1, nei confronti degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana". Alla fine è arrivata l'espulsione e il rimpatrio. Il ricorrente è un giovane extracomunitario, sposato con una cittadina italiana, ritenuto soggetto di pericolosità sociale visto i gravi precedenti giudiziari, dello stile di vita adottato e delle condizioni di disoccupazione, oltre che all'utilizzo di diverse identità. Per contro non vi neanche una dimostrazione che il cittadino convivesse realmente con la moglie, dopo il matrimonio celebrato nell'aprile 2010.

Il ricorso del cittadino extracomunitario si è basato, oltre che sul sopracitato art. 19 del T.U. anche sull'articolo 8 della Convezione Europea dei Diritti dell'Uomo, secondo cui "ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza" nè "può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto ne non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale o la protezione dei diritti e delle libertà altrui".

Ma i giudici della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 22100/11 non hanno ascoltato le sue ragioni, anche perchè è stato provato che lo stesso concretamente non convivesse con la moglie, etichettandolo di fatto, come un soggetto socialmente pericoloso.

Vedi la sentenza n. 22100 del 1 giugno 2011 della Corte di Cassazione



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Sabato, 4 Giugno 2011 - a.p.


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