Immigrazione. «Ora gli accordi bilaterali non bastano più», lo sostiene in un’intervista il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione Morcone


La questione delle rotte mediterranee sarà nuovamente posta il 28 e 29 novembre in occasione del vertice Euromed

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Porremo nuovamente con forza, in sede di Consiglio europeo della Giustizia e dell’Interno, la questione delle rotte mediterranee. E la rappresenteremo il 28 e 29 novembre nel vertice Euromed dei capi di Stato e di governo, dove speriamo si possa trovare una sintesi d’azione che metta d’accordo tutti gli Stati europei».

Il prefetto Mario Morcone, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, è convinto, concordando pienamente anche con le recenti considerazioni espresse dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che «nessun Paese può pensare di risolvere da solo una vicenda complessa come la questione migratoria».

In un’intervista, pubblicata sulle pagine del quotidiano l’’Avvenire’ di martedì 30 ottobre, Morcone si è espresso sulla necessità di uno sforzo comune della Ue perchè, ha osservato, la scelta di «risolvere i problemi sul piano bilaterale non porta lontano». Tali accordi, ha spiegato il prefetto, sono «utili, ma insufficienti a contra¬stare un fenomeno tanto flessibile».

Costruire rapporti solidi coi Paesi sull’altra sponda del Mediterraneo, concordare con loro i flussi di manodopera, rendere trasparenti le ‘rimesse’ degli immigrati e offrire proce¬dure veloci per l’esercizio dell’asilo, sono i punti su cui il prefetto Morcone pensa sia necessario puntare.

«Ora gli accordi bilaterali non bastano più»

«Le considerazioni del presidente Napolitano sono profondamente vere: nessun Paese può pensare di risolvere da solo una vicenda complessa come la questione migratoria. Nel caso dell’Italia, il rapporto con la sponda Sud del Mediterraneo non può che essere gestito dall’intera Ue». Concorda con l’appello “europeo” del Colle, il prefetto Mario Morcone, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno.

E riflette su come l’epoca degli accordi bilaterali fra Stati in materia migratoria, in cui l’Italia aveva fatto da apripista, debba volgere al tramonto: «Oggi la scelta un po’ velleitaria di risolvere i problemi sul piano bilaterale non porta lontano. Solo uno sforzo comune dell’Ue può costruire rapporti con le nazioni di partenza dei flussi, in grado di realizzare lì, in loco, politiche di sviluppo che fermino chi decide di emigrare per fame o per povertà. Garantendo all’Europa, al tempo stesso, l’arrivo di lavoratori di cui l’economia ha bisogno».

Eppure l’Italia qualche risultato l’aveva ottenuto.
Concordo. Ad esempio, nella passata legislatura, il ministro Pisanuera stato abile a costruire un rapporto con la Libia e il ministro Amato sta impegnandosi per perfezionarlo. Con l’Egitto, abbiamo stipulato un buon accordo di riammissione e si sta cercando di farlo con Algeria e Tunisia. E non siamo i soli: anche la Spagna, per ovvi motivi frontalieri, si è attivata nei confronti di “dirimpettai” come Marocco e Senegal.

Poi c’è la buona volontà di Malta, che mostra grande collaborazione.
E “Frontex”, organismo apposito, da tempo è attivo in tal senso. Però, ripeto, sono tutte risposte parziali. Accordi utili, ma insufficienti a contrastare un fenomeno tanto flessibile. Pensi alle carrette del mare: dal 1992 siamo passati dalla rotta verso la Puglia, a quelle verso Calabria e Sicilia. Ora, barche dall’Algeria approdano in Sardegna e altre ritornano a puntare la prua sulle coste calabre. Gli scafisti, criminali per lucro e senza alcuno spirito umanitario, fanno da traghettatori a un intero mondo che si muove per necessità, spinto da drammi enormi, ai quali l’Europa può e deve dare risposte politiche ed economiche. Altrimenti si rischia di contare le vittime in mare: finora mille solo quest’anno.

Già. E nel frattempo, le soluzioni passano in secondo piano. E trionfa solo il pathos. La verità è che bisogna “de-idelogizzare” la questione migratoria. Non è di centrodestra, né di centro-sinistra: è un tema che riguarda il nostro futuro, da affrontare con coraggio e lungimiranza. Senza restare, per anni, ostaggio di paure, insicurezze o della commozione, pur legittima, per le vittime.

Invece cosa si dovrebbe fare? Ferma¬re le carrette prima che partano? L’idea di fondo è un po’ quella francese lanciata da Sarkozy: costruire rapporti solidi coi Paesi sull’altra sponda del Mediterraneo, così da concordare con loro i flussi di manodopera, consentendo anche di controllare la trasparenza delle “rimesse” e sottrarre gli immigrati alle “pseudo-banche” che oggi inviano i loro soldi. O di offrire procedure veloci per l’esercizio dell’asilo, per chi ne ha veramente diritto…

Si riferisce al cosiddetto “asylum shopping”, al dichiararsi palestinesi, curdi, sudanesi, da parte di cittadini di altre nazioni, per ottenere l’asilo in Ue? Ci sono episodi del genere. Per questo, stiamo portando a 10 le “Commissioni per lo status di rifugiato”, così da garantire a chi veramente proviene da zone a rischio di non attendere anni per vedersi riconoscere quel diritto.

Dopo queste ultime tragedie, l’Italia che farà?
Porremo nuovamente con forza, in sede di Consiglio europei della Giustizia e dell’Interno, la questione delle rotte mediterranee. E la rappresenteremo il 28 e 29 novembre nel vertice Euromed dei capi di Stato e di governo, dove speriamo si possa trovare una sintesi d’azione che metta d’accordo tutti gli Stati europei. Il responsabile Immigrazione del Viminale: ha ragione Napolitano si muova la Ue.