La Cassazione:l’indigenza non è un buon motivo per non eseguire le espulsioni


Il caso di un marocchino “perdonato” dal Tribunale di Genova

ilsecoloxix.it

La Cassazione bacchetta i giudici di merito e dice basta alle assoluzioni facili per gli immigrati che non ottemperano all’ordine di espulsione - emesso dai questori - sostenendo che sono troppo poveri per pagarsi il biglietto di ritorno verso il loro Paese di origine. Ad avviso della Suprema Corte il «mero disagio economico sottostante al fenomeno migratorio» non può essere considerato - dai magistrati - un «giustificato motivo» di «inosservanza» del foglio di via. E chi assolve così sbrigativamente, non considerando che ci sono degli immigrati che hanno redditi derivanti da «attività illecite», compie - per gli `ermellini´, un «atto arbitrario».

In particolare - sul tema del contrasto agli immigrati che delinquono - la Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore della Corte di Appello di Genova contro l’assoluzione di un marocchino, Rachid E.H., pizzicato a non rispettare l’obbligo di allontanarsi dall’Italia e `perdonato´ dal Tribunale di Genova in quanto «non era in grado di andare via per mancanza di soldi e per il poco tempo a disposizione» ed era «riuscito a sopravvivere grazie a lavori saltuari e aiuti occasionali».

Per la Cassazione questo modo di ragionare non va bene poichè i motivi del «mancato rimpatrio» devono essere di «particolare pregnanza» per garantire la non punibilità di chi continua a trattenersi in Italia. Spiega Piazza Cavour che il «mero disagio economico dovuto alla posizione di soggiorno irregolare» non può essere equiparata «alla condizione di assoluta impossidenza».

Prima di scusare gli espulsi disobbedienti, la Cassazione invita i giudici di merito a tener presente che gli immigrati potrebbero avere dei redditi «di origine non necessariamente lecita», specie se si tratta di persone con precedenti. Devono essere tenute in considerazione anche altre variabili come il costo del biglietto, l’esistenza di familiari in grado di contribuire alla spesa, il tempo già trascorso in Italia in quanto rivelatore del «grado di inserimento nella realtà socio-economica del Paese».

Così la Cassazione - sentenza 39897 della Prima sezione penale - ha stracciato l’assoluzione di Rachid disponendo un nuovo processo nei suoi confronti.