Urbanistica. Gli immigrati nelle città


Di solito, le comunità di emigranti cinesi sparpagliate nel mondo sono molto tranquille

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Ognuno si occupa dei suoi traffici e delle sue attività, senza troppo interagire con la città ospite. Come mai, a Milano, un folto gruppo di cittadini cinesi se l’è presa con la polizia? E’ importante cercare una risposta, anche per comprendere come si può governare in modo efficace alcuni aspetti delle migrazioni.

I fatti di via Sarpi a Milano sono il punto d’arrivo di una dissennata politica (o non-politica) urbanistica. Nel corso di poco tempo, all’interno di una zona residenziale di una grande città si è venuto a formare il più grande mercato all’ingrosso di merce cinese dell’Italia del Nord. Un continuo viavai di camioncini e carretti ha così reso impossibile la vita ai residenti. Il Comune di Milano - che negli anni scorsi non aveva mosso un dito per evitare una concentrazione di attività commerciali incompatibile con una zona residenziale - negli ultimi mesi ha raccolto le proteste dei residenti italiani, «mostrando i muscoli», moltiplicando i controlli dei vigili urbani, rendendo impossibile la vita ai commercianti cinesi. Lo screzio fra un vigile urbano e una donna cinese per una banale multa è stata quindi la scintilla, che ha fatto deflagrare una situazione da tempo esasperata.

Quanto è accaduto a Milano contiene insegnamenti importanti per le politiche migratorie locali, anche nel Veneto. E’ sempre bene evitare le concentrazioni di immigrati, tanto più se provenienti dallo stesso Paese.

Questi agglomerati rischiano di diventare «terre di nessuno», impermeabili alla legge, dove - fra tanta brava gente - possono facilmente annidarsi i malavitosi. Inoltre, una agglomerazione rischia di diventare rapidamente un ghetto, perché i prezzi delle case attorno diminuiscono, gli italiani tendono a «fuggire», nuovi immigrati poveri si insediano, la zona si degrada, e così via.

Si comprende, da questo punto di vista, quanto sia stato importante e opportuno «svuotare» via Anelli, anche se per fare questo il Comune di Padova ha dovuto spendere molti quattrini, e se ciò ha portato alla polverizzazione in molte aree della città dello spaccio della droga. E’ anche opportuno che i piccoli Comuni del Veneto - dove molti immigrati si sono già insediati o si stanno rapidamente insediando - tengano sotto controllo il loro territorio. L’obiettivo non dovrebbe essere quello di impedire il loro arrivo, perché nell’attuale congiuntura economica e demografica gli immigrati sostengono il mercato del lavoro, fanno servizi ormai indispensabili di assistenza alle famiglie, ringiovaniscono la popolazione.

Conviene favorire un loro insediamento disperso in tutto il territorio comunale. Perché l’immigrazione possa davvero diventare una forza per il dinamismo sociale, e per il proficuo incontro fra culture diverse, piuttosto che fonte di emarginazione e di paura.