Schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio del 1 dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato


E’ uno schema di decreto legislativo che dà attuazione alla direttiva europea 2005/85/CE sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato

ministero dell'interno

La procedura unica. Oltre a ribadire molti principi già presenti nella normativa vigente (formazione del personale, comunicazioni rese in forma comprensibile per il richiedente, assistenza di un interprete, svolgimento del colloquio con determinate garanzie, nomina del tutore per i minori non accompagnati ed accesso a immediata accoglienza), prevede una “procedura unica” per l’esame della domanda di protezione internazionale,

comprendente l’istanza diretta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato oppure - per coloro che, non avendo diritto allo status di rifugiati, non possono comunque essere rimpatriati perché esposti a gravi rischi in base al principio del “non refoulement” - quello di persona ammissibile alla protezione internazionale.

Aumenta l’indipendenza delle Commissioni dal ministro. Competenti all’esame delle domande di protezione internazionale rimangono le commissioni territoriali che assumono la nuova denominazione di commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (fino ad oggi si chiamavano commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato). La Commissione nazionale per il diritto di asilo ha invece poteri decisionali solo in materia di revoca e cessazione degli status riconosciuti.

La nuova disciplina accentua il carattere indipendente delle commissioni attraverso una serie di disposizioni sulla loro collocazione istituzionale e sulle modalità di nomina dei componenti.

La domanda deve sempre essere presa in considerazione. Per quanto concerne la procedura innanzi alle commissioni, è previsto che siano esaminate con priorità le domande palesemente fondate e quelle presentate da soggetti appartenenti alle categorie vulnerabili o dai richiedenti ospitati nei centri di accoglienza. Analogamente sono esaminate con priorità le domande presentate dai richiedenti trattenuti nei centri di permanenza: in tal caso sono anche abbreviati i termini della procedura.

Nel caso in cui la domanda sia stata presentata da uno straniero proveniente da un Paese “sicuro” la domanda non può in ogni caso essere rigettata per tale motivo senza previo esame dei gravi motivi eventualmente addotti dal richiedente per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova.

Il ricorso è sospensivo, ma stop agli abusi. Per quanto concerne le procedure di impugnazione davanti al Giudice ordinario, a differenza della normativa vigente è prevista la sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato. Nel caso dei rifugiati, a differenza degli immigrati, siamo infatti dinanzi al riconoscimento di un diritto all’asilo, e sui diritti non può che decidere il giudice.

Il decreto è comunque ben attento ad evitare un uso fraudolento dell’impugnazione da parte di persone che non hanno alcun titolo all’asilo e che potrebbero fare ricorso solo per restare in Italia. La sospensione non è infatti prevista per i ricorsi avverso le domande inammissibili (perché lo straniero è già stato riconosciuto come rifugiato in un altro Paese firmatario della Convenzione di Ginevra, ovvero abbia reiterato identica domanda già esaminata senza addurre nuovi elementi) ovvero nei casi in cui il richiedente sia trattenuto in un centro di permanenza temporanea ovvero si trovi in un centro di accoglienza in quanto destinatario di un provvedimento di espulsione nonché nel caso in cui si sia allontanato dal centro senza giustificato motivo. In tali ipotesi l’effetto sospensivo è subordinato alla presentazione, contestualmente al deposito del ricorso, di un’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, su cui il tribunale decide nei cinque giorni successivi al deposito.

Sempre per evitare abusi, ma anche a tutela di chi ricorre in buona fede, è previsto che il tribunale debba decidere sui ricorsi entro tre mesi dalla presentazione del ricorso.

In considerazione dell’effetto sospensivo collegato alla presentazione del ricorso giurisdizionale, comunque, è abolito l’istituto del riesame, fino ad oggi assegnato alla competenza della commissione territoriale integrata con un componente della Commissione nazionale.

E’ previsto il diritto all’assistenza ed alla rappresentanza legali, nonché l’ammissione al gratuito patrocinio in sede giurisdizionale.

Specifiche garanzie sono previste per i minori non accompagnati, in modo da tenere presente l’interesse superiore alla tutela del minore, che in ogni fase della procedura può essere sottoposto, con il suo consenso, ad accertamenti medico sanitari al fine di accertarne l’età: se tali accertamenti non si rivelano risolutivi, si applicano comunque le disposizioni concernenti i minori.

L’accoglienza. In tema di accoglienza e di trattenimento, il provvedimento ribadisce il principio generale, già presente nel nostro ordinamento, per cui il richiedente non può essere trattenuto per il solo fatto di aver presentato domanda di asilo. In considerazione della necessità di offrire comunque ospitalità ai richiedenti asilo, sono disciplinati i casi in cui è disposta l’accoglienza in appositi centri, introducendo modifiche sostanziali rispetto alle attuali previsioni. In particolare:

• l’accoglienza è prevista quando si rende necessario verificare la nazionalità o l’identità del richiedente e per il tempo strettamente necessario per l’identificazione e comunque non superiore a venti giorni;

• quando il richiedente è stato fermato per aver eluso il controllo alla frontiera o subito dopo, pur se destinatario di un provvedimento di respingimento, o dopo essere stato fermato in condizione di soggiorno irregolare ovvero se destinatario di un provvedimento di espulsione perché si è sottratto ai controlli di frontiera o si è trattenuto sul territorio in condizioni di soggiorno irregolare. In questi casi il limite previsto è di 35 giorni.

Le modalità di permanenza nel centro sono demandate ad un regolamento di attuazione. Il richiedente ha comunque la facoltà di uscire dal centro nelle ore diurne e le condizioni di ospitalità devono garantire in ogni caso il rispetto della dignità della persona e l’unità del nucleo familiare.

Il trattenimento dello straniero nei centri di permanenza temporanea e assistenza è previsto invece unicamente per i richiedenti condannati per i delitti indicati dall’articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero condannati per reati relativi agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ovvero al reclutamento di persone da destinare ad attività illecite. Il richiedente è trattenuto altresì se destinatario di un provvedimento di espulsione poiché appartiene ad una delle categorie indicate nella normativa nazionale in materia di misure di prevenzione personali ovvero un provvedimento di espulsione adottato ai sensi della normativa antiterrorismo.

L’allontanamento dai centri, senza giustificato motivo, comporta comunque la decisione sull’istanza, sulla base della sola documentazione disponibile, da parte della commissione territoriale.

Schema decreto legislativo