Immigrazione/ I crimini dei "nuovi gendarmi in un cimitero chiamato Mediterraneo


La sua è una posizione strategica per il contrasto dell'immigrazione clandestina via mare in Italia.

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Ma sulle credenziali della Libia pesano le denunce di giornalisti e associazioni internazionali che da anni parlano di abusi, maltrattamenti, torture, deportazioni e rimpatri forzati. Per capirne di più, Redattore sociale ha visitato lo scorso 16 luglio il centro di identificazione di Caltanissetta, in Sicilia, dove erano ospitati 250 richiedenti asilo, tutti quanti sbarcati sulle coste siciliane tra il 24 giugno e il 16 luglio. Nigeriani, maliani, eritrei, camerunesi, ivoriani, somali, sudanesi, o etiopi, in comune hanno una cosa: sono tutti passati dalla Libia.

E., camerunese, è sbarcato a Lampedusa alla fine di giugno del 2007. A Fortress Europe ha dichiarato di aver visto con i propri occhi 2 nigeriani ammazzati e altri 4 feriti sotto il fuoco degli agenti della polizia libica nel carcere di Fellah a Tripoli, durante una rivolta esplosa nel giugno 2006, capeggiata dai migranti nigeriani e risolta col piombo delle forze dell"ordine. T., nigeriano, sbarcato a luglio 2007, ha invece dichiarato a Fortress Europe di aver perso due amici, un nigeriano e un ghanese, pestati a morte in un commissariato a Tripoli nel febbraio 2007. F., invece, ghanese, anche lui appena sbarcato, a inizio giugno si trovava al confine tra Niger e Libia, vicino al posto frontaliero di Toumou.

Attraversava il deserto, su un camion di contrabbandieri diretto in Libia. Ha contato con i suoi occhi i corpi senza vita, seccati sotto il sole, di ben 34 persone. In mezzo alle dune, nessuna traccia della macchina. F. non esclude che si trattasse di deportati dalla Libia. Succede ogni mese, sull’asse Tripoli-Sebha-Gatrun-Toumou. Anche E. è stato espulso, lo scorso settembre.

A Toumou sono bloccati almeno in 150, dice, tanti impazziscono. Gli altri raggiungono a piedi Dirkou, in Niger, in due o tre giorni di marcia. Non tutti ce la fanno. Lo stesso E. ha seppellito sotto la sabbia due dei 35 compagni con cui era stato abbandonato a Toumou.

É questa la Libia a cui l’Europa propone nuovi mezzi per il controllo delle frontiere marine e terrestri, tra le righe del memorandum firmato il 23 luglio 2007, dopo il caso delle infermiere bulgare. É la politica dei nuovi gendarmi. Con il Marocco ha funzionato. Salvo gli effetti collaterali. Come i due morti ammazzati la notte del 30 luglio, sotto il fuoco dell’Armée Royale, lungo le coste di el-'Ayun. Erano in 37 sub-sahariani, si stavano imbarcando per le Canarie.

Al chi va là non ha risposto nessuno. Un agente ha sparato. Diversi colpi. Oltre ai due morti altri due uomini sono ricoverati nell’ospedale della capitale del Sahara. Quattro giorni prima, la notte del 26 e del 27 luglio; tra 200 e 350 migranti sub-sahariani venivano arrestati durante una retata nel campus universitario di Oujda, lungo la frontiera Marocco-Algeria, dove da anni i deportati trovano rifugio prima di ripartire a piedi verso Rabat, Fez, Nador, Tanger e Tetouan. Il campus è stato passato al setaccio, e l’accampamento dato alle fiamme. I migranti arrestati sono stati espulsi all’altezza di Galla. Una settimana dopo nessuno è tornato al campus. Né ci tornerà. Si trovano bloccati sulle montagne della frontiera.

Ci sono dei feriti. Mancano vestiti, coperte, cibo. Le associazioni locali marocchine, con l’aiuto di Medici senza frontiere, stanno facendo il possibile ma la situazione rimane drammatica. Ci sono anche almeno 6 donne e 2 bambini, uno di 4 anni.