Caritas: i clandestini arrivano di nuovo in massa


La morte del giovane albanese sul Carso e il fermo di 25 orientali lungo la strada di Duino confermano la ripresa del fenomeno

l' espresso

Nei gruppi anche donne e minorenni. Ravalico: «Da almeno quattro anni non si vedeva niente di simile»
Già nella relazione dell’anno giudiziario segnalate le nuove modalità negli ingressi

«Arrivi così massicci a Trieste non si vedevano almeno da 3-4 anni». Il ritrovamento del cadavere del clandestino albanese di 28 anni morto in un bosco del Carso e, pochi giorni prima, l’individuazione di 25 asiatici sulle strade di Duino sono i segnali che qualcosa, nell’universo dell’immigrazione illegale, sta nettamente cambiando. La conferma arriva anche da Mario Ravalico, direttore della Caritas. «Il fenomeno sembrava sopito - spiega -.

Il nostro, per la verità, è un osservatorio indiretto nel senso che noi sappiamo dell’arrivo di clandestini quando le forze dell’ordine ce lo comunicano. Carabinieri e Polizia, infatti, ci contattano per la fornitura dei pasti agli extracomunitari intercettati. Alla luce della nostra esperienza, comunque, posso dire che negli ultimi mesi si erano sì verificati casi di immigrazione illegale, ma coinvolgevano solo singoli o al massimo di un paio di persone. Capitava un caso ogni due- tre settimane. Di recente, invece, sono state registrate situazioni ben più complesse. Qualche giorno fa è arrivato un gruppo di 22 uomini provenienti da India, Afghanistan e Pakistan, accompagnati da tre minorenni, mentre il mese scorso è stato bloccato un altro gruppo di dieci stranieri. Non so cosa possa aver determinato l’inversione di tendenza, fatto sta che nuclei così numerosi di clandestini a Trieste non si vedevano da anni. Certo, non si può escludere con certezza che in questo periodo ci sia stato qualche altro arrivo massiccio, visto che noi ne veniamo a conoscenza solo quando intervengono le forze dell’ordine. Di sicuro, però, siamo di fronte ad una situazione nuova».

Per chi riesce ad arrivare illegalmente in Italia, dopo aver sopportato viaggi estenuanti e condizioni disumane imposte dai passeur, resta comunque l’incognita della nuova vita. Spesso, senza soldi e senza contatti nel nuovo paese, i clandestini finiscono per cadere nella rete della criminalità. «Il fenomeno dell’immigrazione clandestina - affermava nella relazione pronunciata in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario il Procuratore generale, Beniamino Deidda - riguarda ora, a differenza del passato, piccoli gruppi di 3-4 persone per volta, e si configura, nei confronti delle vittime, in tre principali categorie: donne destinate alla prostituzione, mendicanti coatti e lavoratori coatti. È mutato poi il fenomeno degli ingressi illegali nel Nord-Est, sia per le migliorate condizioni socio-economiche di alcuni paesi asiatici (in particolare la Cina) che rendono meno interessante il trasferimento in Europa, sia per l’avvenuta abolizione dell’obbligo del visto per i cittadini di numerosi Stati dell’Est Europa, come la Romania, sia per il ricorso all’ingresso illegale mediante documenti falsi e non più mediante l’attraversamento clandestino della frontiera».

Secondo Mario Ravalico, tuttavia, l’inversione di tendenza delle ultime settimane non autorizza ancora a parlare di allarme immigrazione. «Io non vedo un’emergenza clandestini all’orizzonte - continua il direttore della Caritas -. Le emergenze, caso mai, le ritrovo in altri gruppi di persone che si rivolgono a noi. Penso per esempio ai cittadini comunitari che provengono da paesi da poco entrati in Unione europea.

Rumeni, bulgari,polacchi. Queste persone rappresentano la vera emergenza. Entrano in Italia regolarmente, ma una volta qui non sanno come vivere perchè non hanno niente».