Le impronte digitali possono essere usate come documento d'identità
La legge elenca i documenti che non possono essere rilasciati e tra questi non figurano i rilievi dattiloscopici - La copia dei rilievi decadattiloscopici possono servire come documento d'identità. Può essere spiegata così in sintesi la sentenza n. 609 del Consiglio di Stato che il 31 gennaio scorso ha voluto dare ragione ad un cittadino extracomunitario richiedente la protezione internazionale.
Il cittadino di origine tunisina aveva chiesto nel 2011 copia della scheda decadattiloscopica per usarla come documento d'identità da allegare all'autocertificazione dei redditi che sarebbe poi servita per usufruire del gratuito patrocinio a spese dello Stato per il suo ricorso. Dapprima la Questura di Brindisi, poi il Tar Puglia avevano rigettato la sua domanda perchè ''è un documento amministrativo attinente al sistema della criminalità e della tutela dell’ordine pubblico, sicché è stata legittimamente sottratta all’ostensione''.
Ma come viene esplicitamente specificato nell'art. 3 del D.M. 10 maggio 1994, n. 415, recante il " Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi", che elenca una serie di categorie di documenti sottratti all'accesso per motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero a fini di prevenzione e repressione della criminalità, tra questi non è elencata la scheda dattiloscopica.
Le impronte digitali, come espresso nella sentenza del Consiglio di Stato, sono fatte per ''accertare le esatte generalità dell'extracomunitario in quanto il suo ingresso e la sua permanenza in Italia sono subordinati ai rilievi dattiloscopici raccolti nel sistema automatizzato in uso alle forze di polizia al solo fine di identificare, pur in presenza di diverse generalità, il soggetto al quale esattamente riferire precedenti penali ovvero elementi ritenuti ostativi al rilascio od al rinnovo del permesso di soggiorno''.
Per questo possono essere consegnate all'interessato che ne fa richiesta e non possono costituire una documentazione inaccessibile.
Vedi la sentenza n. 609 del 31 gennaio 2013 Consiglio di Stato
Giovedì, 7 Febbraio 2013 - a.p.