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Lo straniero sentito sull'irregolarità del suo soggiorno illegale non deve ulteriormente essere ascoltato prima del rimpatrio

Comunicato stampa n. 142/14 Corte di giustizia dell’Unione europea - Alla cittadina ruandese, le autorità francesi hanno rifiutato la domanda d’asilo dopo una procedura durata 33 mesi. Alla fine del 2012, il prefetto di polizia di Parigi le ha negato il permesso di soggiorno e ha adottato nei suoi confronti una decisione recante l’obbligo di lasciare il territorio francese assegnandole un termine per la partenza volontaria di 30 giorni e indicando il Ruanda come paese di destinazione. La straniera ha però continuato a soggiornare illegalmente nel territorio francese.

Circa quattro mesi dopo, nel 2013, la straniera ha tentato di raggiungere il Canada munita di un passaporto belga contraffatto ed è stata arrestata dalla polizia francese. Posta in stato di fermo per uso fraudolento di documenti amministrativi, è stata ascoltata riguardo alla sua situazione personale e familiare, al suo percorso, alla sua domanda di soggiorno in Francia e al suo eventuale rimpatrio in Ruanda. Il giorno seguente, il prefetto della Seine-Saint-Denis, constatando che la signora era in situazione di soggiorno irregolare, ha adottato nei suoi confronti una decisione recante l’obbligo di lasciare il territorio nazionale, senza accordarle un termine per il rimpatrio volontario adducendo la sussistenza di un rischio di fuga.

La straniera ha proposto in Francia un ricorso di annullamento contro le decisioni di rimpatrio adottate nel 2012 e nel 2013. Ha sostenuto che tali decisioni sono state prese in spregio al principio di buona amministrazione sancito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, perché non sarebbe stata messa in grado di manifestare le proprie osservazioni prima che le decisioni fossero adottate. Il giudice francese adito con tale controversia chiede alla Corte di giustizia di precisare la portata del diritto al contraddittorio.

Nella sentenza, la Corte ricorda, innanzitutto, che il diritto dell’Unione (1) inquadra in maniera dettagliata le garanzie accordate ai cittadini di paesi terzi in materia di rimpatrio, fissando le condizioni formali alle quali sono soggette le decisioni di rimpatrio e obbligando gli Stati membri a prevedere mezzi di ricorso effettivi contro tali decisioni. Il diritto dell’Unione non precisa invece se e a quali condizioni il rispetto del diritto al contraddittorio (parte integrante del principio generale del rispetto dei diritti della difesa) debba essere assicurato né le conseguenze da trarre in caso di inosservanza di tale diritto.

La Corte rileva, inoltre, che le autorità nazionali competenti, una volta constatata l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di un paese terzo nel loro territorio, salvo eccezioni previste dal diritto dell’Unione che rinviano al diritto nazionale, hanno l’obbligo di adottare nei confronti di tale cittadino una decisione di rimpatrio, secondo una procedura equa e trasparente. Da tale obbligo discende che gli Stati membri devono, da un lato, prevedere esplicitamente nel loro diritto nazionale l’obbligo di lasciare il territorio in caso di soggiorno irregolare e, dall’altro, fare in modo che l’interessato sia validamente ascoltato nell’ambito della procedura relativa alla sua domanda di soggiorno o, eventualmente, in relazione all’irregolarità del suo soggiorno.

Ciò posto, dato che l’adozione di una decisione di rimpatrio deriva necessariamente da quella che accerta il carattere irregolare del soggiorno, le autorità nazionali, qualora intendano adottare contestualmente una decisione che constata il soggiorno irregolare e una decisione di rimpatrio, non devono obbligatoriamente ascoltare l’interessato specificamente in ordine alla decisione di rimpatrio, allorché quest’ultimo ha avuto la possibilità di manifestare utilmente ed efficacemente il suo punto di vista circa l’irregolarità del suo soggiorno e i motivi che avrebbero potuto giustificare, in forza del diritto nazionale, che le autorità si astenessero dall’emettere una decisione di rimpatrio.

Nel caso della straniera, la Corte constata che la prima decisione di rimpatrio (del 2012) è intervenuta in esito alla procedura che ha portato a negarle lo status di rifugiata e quindi ad accertare l’irregolarità del suo soggiorno, e quindi ne è la logica e necessaria prosecuzione. Avendo, potuto esporre il suo punto di vista durante tutta la durata della procedura, la signora ha potuto manifestare utilmente ed efficacemente le sue osservazioni in merito all’irregolarità del suo soggiorno, sicché non occorreva ascoltarla specificamente sulla prima decisione di rimpatrio prima che questa fosse adottata. L’obbligo di ascoltare l’interessato specificamente sulla decisione di rimpatrio prolungherebbe inutilmente la procedura amministrativa, senza aumentare la sua protezione giuridica.

Per quanto riguarda la seconda decisione di rimpatrio (quella del 2013), la Corte rileva che la straniera è stata ascoltata in particolare in merito al suo diritto di soggiorno in Francia quando era in stato di fermo ed ha beneficiato della possibilità di essere pienamente ascoltata in base ad altri fattori oltre al semplice fatto del suo soggiorno irregolare. Dato che la seconda decisione di rimpatrio è stata presa poco tempo dopo l’audizione della straniera in merito all’irregolarità del suo soggiorno e che quest’ultima ha potuto manifestare utilmente ed efficacemente le sue osservazioni al riguardo, la Corte dichiara che le autorità nazionali hanno adottato la seconda decisione di rimpatrio in conformità al diritto al contraddittorio.

IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.

(1) Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348, pag. 98).

Documento non ufficiale ad uso degli organi d'informazione che non impegna la Corte di giustizia.

Sentenza immigrazione europea Sentenza n. C‑166/13 del 5 novembre 2014 Corte di Giustizia UE





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Mercoledì, 5 Novembre 2014 - http://curia.europa.eu


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