Gli Stati membri possono imporre ai cittadini di paesi terzi, che siano soggiornanti di lungo periodo, l’obbligo di superare un esame di integrazione civica
Comunicato stampa n. 61/15 Corte di Giustizia dell'Unione europea - Tuttavia, le modalità di applicazione di tale obbligo non devono essere tali da compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva relativa ai soggiornanti di lungo periodo.
Una direttiva dell’Unione (1) prevede che gli Stati membri conferiscano lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato nel loro territorio legalmente e ininterrottamente per cinque anni immediatamente prima della presentazione della loro domanda.
P e S sono cittadine di paesi terzi titolari, rispettivamente dal 14 novembre 2008 e dall’8 giugno 2007, di regolari permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo nei Paesi Bassi, rilasciati in base alla direttiva. Ai sensi del diritto olandese, P e S sono soggette , a pena di ammenda, all’obbligo di superare un esame di integrazione civica entro un certo termine, al fine di dimostrare l’acquisizione di capacità di espressione orale e scritta in lingua olandese nonché una conoscenza sufficiente della società olandese. Se l’esame non viene superato entro questo termine, ne viene fissato uno nuovo e ogni volta viene aumentata l’ammenda.
P e S hanno impugnato le decisioni che impongono loro di superare questo esame. Il Centrale Raad van Beroep (Corte suprema amministrativa, Paesi Bassi), investito del ricorso di appello, solleva dubbi quanto alla conformità dell’obbligo di integrazione civica con la direttiva. In particolare chiede alla Corte di giustizia se, dopo la concessione dello status di soggiornante di lungo periodo, sia lecito che gli Stati membri pongano condizioni d’integrazione costituite da un esame di integrazione civica, sanzionato da un sistema di ammende.
Nella sentenza, la Corte dichiara che la direttiva non osta all’imposizione dell’obbligo di superare un esame di integrazione civica, a condizione tuttavia che le modalità di applicazione non siano tali da compromettere la realizzazione degli obiettivi della direttiva.
Innanzitutto, la Corte osserva che il superamento dell’esame non è una condizione per ottenere né per conservare lo status di soggiornante di lungo periodo, ma determina unicamente l’irrogazione di un’ammenda (2). Inoltre, essa sottolinea l’importanza attribuita dal legislatore dell’Unione alle misure di integrazione. A tal proposito, constata che la direttiva non impone né vieta agli Stati membri di esigere dai cittadini di paesi terzi l’adempimento di obblighi di integrazione dopo aver ottenuto lo status di soggiornante di lungo periodo.
Per quanto concerne il principio di parità di trattamento, la Corte dichiara che la situazione dei cittadini di paesi terzi non è analoga a quella dei cittadini nazionali per quanto concerne l’utilità delle misure di integrazione quali l’acquisizione di una conoscenza tanto della lingua quanto della società del paese. Pertanto, il fatto che l’obbligo di integrazione civica non sia imposto ai cittadini nazionali non viola il diritto dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo alla parità di trattamento con i cittadini nazionali.
Inoltre, è innegabile che l’acquisizione di una conoscenza tanto della lingua quanto della società dello Stato membro ospitante favorisca l’interazione e lo sviluppo di rapporti sociali tra i cittadini nazionali e i cittadini di paesi terzi e faciliti l’accesso da parte di questi ultimi al mercato del lavoro e alla formazione professionale.
Tuttavia, le modalità di attuazione di tale obbligo non devono essere tali da compromettere gli obiettivi della direttiva. A tal riguardo, la Corte ritiene che si debba tener conto in particolare del livello di conoscenze richiesto per superare l’esame, dell’accessibilità ai corsi e al materiale necessario per preparare l’esame, degli importi applicabili a titolo di costi d’iscrizione o ancora delle circostanze individuali particolari, come l’età, l’analfabetismo o il livello di istruzione.
Per quanto concerne infine l’ammenda, la Corte rileva che il suo importo massimo raggiunge un livello relativamente elevato, vale a dire EUR 1 000, e che essa può essere irrogata ogni volta che i termini stabiliti per il superamento dell’esame di integrazione civica giungano a scadenza senza che detto esame sia stato superato, e ciò senza alcun limite, fino a quando il cittadino di un paese terzo interessato non abbia superato l’esame.
Peraltro, i costi di iscrizione all’esame nonché i costi per la relativa preparazione sono a carico dei cittadini di paesi terzi interessati. Per quanto riguard i costi di iscrizione, la Corte osserva che, secondo il governo dei Paesi Bassi, il loro importo è pari a EUR 230, e che i cittadini di paesi terzi devono pagarli ogni volta che, nel corso del periodo stabilito, si presentino all’esame di integrazione civica. In tali circostanze, che spetta al giudice nazionale verificare, il pagamento di un’ammenda, in aggiunta al pagamento dei costi relativi agli esami, può compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva e, pertanto, privarla del suo effetto utile.
IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
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Il testo integrale della sentenza è pubblicato sul sito CURIA il giorno della pronuncia
1) Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44).
2) Le questioni poste dal giudice del rinvio riguardano unicamente i cittadini di paesi terzi che soggiornavano regolarmente nei Paesi Bassi alla data di entrata in vigore della legge in discussione, vale a dire il 1° maggio 2007, e che avevano fatto richiesta dello status di soggiornanti di lungo periodo tra il 1° gennaio 2007 e il 1° gennaio 2010.
Sentenza n. C‑579/13 del 4 giugno 2015 Corte di Giustizia UE
tratto da: curia.europa.eu
Venerdì, 5 Giugno 2015 - curia.europa.eu