Chi è stato vittima in passato di atti di tortura nel suo Paese di origine può beneficiare della protezione sussidiaria
Comunicato stampa della Corte di giustizia dell’Unione europea - La Corte rileva che il procedimento di cui trattasi riguarda un cittadino extra UE che non solo ha subito, in passato, atti di tortura da parte delle autorità del suo Paese di origine, ma che, nonostante non corra più il rischio di subire nuovamente tali atti in caso di ritorno nel suo Paese, soffre a tutt’oggi di gravi problemi psicologici, conseguenti agli atti di tortura di cui è stato oggetto in passato, tenuto presente che detti postumi, secondo constatazioni mediche debitamente dimostrate, potrebbero accentuarsi in modo sostanziale, con il serio rischio che, se ritornasse in detto Paese, tale cittadino commetterebbe suicidio.
La Corte sottolinea che la direttiva relativa al regime della protezione sussidiaria deve essere interpretata e applicata nel rispetto dei diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Quest’ultima prevede espressamente che, laddove i diritti garantiti dalla Carta corrispondono a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali.
Inoltre, la Corte di giustizia considera che la Carta deve essere interpretata nel senso che l’allontanamento di un cittadino extra UE che presenti un disturbo mentale o fisico particolarmente grave costituisce un trattamento inumano e degradante, qualora tale allontanamento comporti il rischio reale e acclarato di un deterioramento significativo e irrimediabile delle sue condizioni di salute.
Sentenza n. C‑353/16 del 24 aprile 2018 Corte di Giustizia UE
COMUNICATO STAMPA n. 53/18
Mercoledì, 25 Aprile 2018 - curia.europa.eu