Osservazioni sull'attestato di iscrizione previsto dall'art. 8, par. 2 della direttiva europea 2004/38/CE - Diritto di circolazione e soggiorno dei cittadini dell'unione e dei loro familiari
La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, n. 38, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro
familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (di seguito: Direttiva) (1) - tra le cui connotazioni
spicca la riconferma (del principio) della centralità della cittadinanza dell'Unione (2) - si prefigge, sostanzialmente, tre scopi:
sostituire alla disciplina settoriale e frammentaria un articolato unitario ed omogeneo, codificare i risultati conseguiti dalla giurisprudenza
della Corte di Giustizia ed istituire un diritto di soggiorno permanente.
Com'è noto, la Direttiva è stata recepita con il Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa
al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri
(di seguito: Decreto Legislativo), successivamente modificato dal Decreto Legislativo 28 febbrio 2008, n. 32, Modifiche e integrazioni al
decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e
loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. E' altrettanto noto che il Decreto Legislativo,
subordinando l'iscrizione anagrafica all'accertamento della regolarità del soggiorno del cittadino dell'Unione, ha proposto nuove -
ed importanti - problematiche all'attenzione dell'ufficiale d'anagrafe: tra queste, assai dibattuta, ancorché, per la verità, non particolarmente
significativa sotto il profilo sostanziale, è la questione concernente il c.d. attestato di iscrizione.
Per inquadrare (solo) alcuni (dei diversi) interrogativi prodotti dall'attestato di iscrizione,
è opportuno richiamare - preliminarmente - i dati normativi, presenti nella Direttiva e nel Decreto Legislativo.
Nella Direttiva, rilevano, in particolare, oltre al considerando (12) (3), i par. 2 e 5 dell'art. 8: imboccata la via della registrazione -
del cittadino dell'Unione - presso le autorità competenti (art. 8, par. 1) del luogo di residenza (considerando 12) (4), lo Stato membro è
tenuto a rilasciare l'attestato di iscrizione [immediatamente (art. 8, par. 2), ma, comunque, dopo che il cittadino dell'Unione ha documentato
le condizioni per l'iscrizione (art. 8, par. 3) (5)] (6)
Nel Decreto Legislativo, di contro, l'attestato di iscrizione non è previsto. Sotto questo profilo, crediamo non si possa interpretare il
documento contemplato dall'art. 9, c. 2, quale attestazione di iscrizione anagrafica, anziché quale attestazione di richiesta di iscrizione anagrafica
(7); la tesi non convince sia per la costruzione del periodo ("è richiesta … ed è rilasciata immediatamente
una attestazione contenente … la data della richiesta"), sia per il disposto del c. 5, lett. c), e dell'art. 10, c. 3, lett. c)
(che individuano, entrambi, l' "attestato della richiesta di iscrizione anagrafica"), sia, infine, per quanto emerge dal confronto con l'art. 8, par. 2, della Direttiva, ove si parla di (attestato indicante la) data di iscrizione e non di (attestato indicante la) data della richiesta.
La filosofia documentale della Direttiva è sufficientemente chiara, ancorché, a nostro parere, non esente da critiche.
L'attestato d'iscrizione - previsto dall'art. 8, par. 2 - ha la funzione di documentare l'osservanza dell'obbligo - di iscrizione -
presso le autorità competenti, (se) previsto dallo Stato membro; a tale attestato, non può essere riconosciuta, invece, la funzione
di documentare la (prevista) durata del soggiorno, perché non solo non è contemplata l'indicazione della condizione - professionale o
non professionale - che lo consente (lavoratore, studente, inattivo, familiare), ma neppure la copertura, numerica (nel senso di quanti
familiari eventualmente coprire, se inattivo o studente) e temporale (nel senso di per quanto tempo), che ne deriva; ed, infatti, non ne
è prevista l'esibizione, per il rilascio dell'attestato di soggiorno permanente e della carta di soggiorno permanente (8).
Nel Decreto Legislativo le carenze documentali della Direttiva (recte: quelle che noi consideriamo tali) sono amplificate; qui, se
si recepisce - e si traduce nel relativo attestato - l'obbligo certificativi, rispetto al soggiorno permanente (9), ci si discosta -
e non di poco - dalla Direttiva per l'altro aspetto: l'attestato di iscrizione è ignorato e si prevede la ricevuta della richiesta di
iscrizione anagrafica (art. 9, c. 2), anche quale documento idoneo a supportare sia l'analoga richiesta del familiare cittadino dell'Unione
(art. 9, c. 5), sia l'istanza di rilascio della Carta di soggiorno da parte del familiare di uno Stato terzo [art. 10, c. 3, lett. c)].
Il Ministero dell'Interno si è dovuto confrontare con questo - confuso - quadro normativo, in particolare con le distorsioni della disciplina
di attuazione; l'insufficiente recepimento delle disposizioni comunitarie (che, peraltro, come già abbiamo sottolineato, a loro volta denotano
qualche carenza) consente, se non di giustificare, almeno di comprendere le oscillazioni ministeriali, in tema sia di attestato di richiesta di
iscrizione che di attestato di iscrizione tout court.
In relazione all'attestato di richiesta di iscrizione è da rilevare che, mentre l'allegato 1 alla circolare 19/2007, prevede(va) l'indicazione
il presente attestato viene rilasciato per le finalità connesse alla dimostrazione della regolarità del soggiorno in Italia, superiore ai tre mesi,
dei cittadini dell'Unione europea e loro familiari appartenenti all'Unione europea, lo stesso allegato alla - successiva - circolare 45/2007,
lo ignora.
Quanto all'attestato di iscrizione, da un lato, la circolare 19/2007, lo prescrive, ma senza suggerire un modello, limitandosi a precisare
che "dovrà contenere il riferimento della norma ai sensi della quale è stato prodotto (art. 9 del d. lgs. …)", dall'altro, il parere
3 maggio 2007 propone (il modello concernente) l'attestato da rilasciare dopo l'iscrizione, citando, peraltro, l'attestazione - espressamente -
prevista dall'art. 9; infine, la circolare 45/2007, che, per inciso, esordisce con un'imprecisione (10), recepisce la ratio della Direttiva: si
sottolinea, infatti, che "l'attestazione non è un documento che autorizza il soggiorno, ma ha il diverso scopo di dimostrare l'avvenuto
adempimento da parte del cittadino dell'Unione europea, dell'obbligo di iscriversi all'anagrafe, secondo le modalità indicate nel decreto
legislativo"; anche il modello suggerito (il Ministero precisa, infatti, che "gli allegati 1 e 2 costituiscono i modelli che è possibile utilizzare")
dalla circolare (11) sembra allineato alla Direttiva: oggetto dell'attestazione è, infatti, l'(avvenuta) iscrizione nell'anagrafe della
popolazione residente, "ai sensi del decreto legislativo del 6 febbraio 2007, n. 30" (12); sussistono, peraltro, tre elementi anomali,
in quanto potenziali indicatori di una diversa funzione dell'attestato: la validità "a tempo indeterminato", affermata nell'Avvertenza,
la specifica concernente la condizione lavorativa o la cittadinanza italiana e la fruibilità da parte degli iscritti in anagrafe antecedentemente
all'entrata in vigore del Decreto Legislativo.
Ci si deve chiedere, a questo punto: cosa documenti l'attestato di iscrizione (nell'ottica ministeriale) e se si tratti di un'attestazione
anagrafica, verificando, nell'affermativa, se il contenuto dell'attestazione si possa considerare implicito nel certificato di residenza.
Quanto al primo interrogativo, crediamo che - nell'ottica ministeriale - l'attestato di iscrizione altro non indichi che le generalità -
in senso ampio - del cittadino dell'Unione e l'iscrizione anagrafica, avvenuta dopo l'accertamento delle condizioni previste
(dalla legislazione anagrafica e) dal Decreto Legislativo; ciò che documenta è, quindi, la regolarità del soggiorno al momento dell'
iscrizione in Apr, ma non la regolarità (ancorché presunta) del soggiorno successivamente a tale momento, perché, se è vero che è stata provata
la sussistenza delle condizioni previste dal Decreto Legislativo per il periodo di - programmato - soggiorno, comunque per un certo periodo,
è anche vero che di questa durata - del soggiorno - non figura traccia nell'attestato di iscrizione. Dagli interventi dell'autorità amministrativa
traspare, poi, l'intento di sottrarre l'attestato di iscrizione dal (campo di applicazione del)l'art. 33 del Regolamento anagrafico,
per ancorarlo alla mera funzione prevista dalla Direttiva: assicurare all'interessato l'avvenuta iscrizione anagrafica nel rispetto
delle condizioni previste (dalla Direttiva e) dal Decreto Legislativo (13).
Alla seconda domanda - se, cioè, si tratti di attestazione anagrafica - dottrina autorevole ritiene "maggiormente sostenibile la tesi che
considera l'attestazione di iscrizione anagrafica…un certificato…desumibile non da atti anagrafici, ma piuttosto da elementi di fatto e di
diritto disciplinati dalla direttiva comunitaria …e dal decreto legislativo di recepimento" (14). Ci riesce difficile accettare l'idea che
la documentazione prodotta per dimostrare la sussistenza delle condizioni previste dal Decreto Legislativo non sia un dato anagrafico; certo,
non è prevista né dalla Legge anagrafica nè dal relativo Regolamento di esecuzione, ma è comunque un dato: a) trattato dall'ufficiale d'anagrafe;
b) da cui l'ufficiale d'anagrafe non può prescindere per iscrivere il cittadino dell'Unione; c) soggetto - seppur sinteticamente - a
registrazione nella scheda anagrafica (15); d) oggetto di specifica attestazione, sottoscritta dall'ufficiale d'anagrafe.
Appurato il carattere anagrafico dei dati che consentono di rilasciare l'attestato di iscrizione, occorre verificare se il contenuto
dell'attestazione si possa considerare implicito nel certificato di residenza. Riteniamo che l'attestato di iscrizione non possa essere
funzionalmente sostituito dal certificato di residenza (16). Il rigetto della tesi si fonda, anzitutto, sulla (recte: su una sorta di)
inconciliabilità concettuale tra i due documenti, essendo il primo finalizzato a certificare l'attualità [ovvero: l'iscrizione in anagrafe
al momento del rilascio (del certificato)], il secondo la storicità [ovvero: l'avvenuta iscrizione in anagrafe, accertate le condizioni
previste (dalla legislazione anagrafica e) dal Decreto Legislativo]. Il rilievo, peraltro, potrebbe essere neutralizzato dalla constatazione
che, nella fattispecie, l'attualità presuppone la storicità: nel senso che certificare -espressamente - la (attuale) iscrizione del cittadino
dell'Unione in anagrafe significa documentare - implicitamente - che l'interessato ha dimostrato la sussistenza delle condizioni previste dal
Decreto Legislativo al momento della richiesta di residenza, altrimenti non potrebbe essere iscritto in anagrafe. La motivazione sarebbe fondata -
salvo, poi, valutarne la risolutività - se tutti i cittadini dell'Unione iscritti in anagrafe avessero dimostrato la sussistenza delle condizioni
predette al momento dell'iscrizione; ma, com'è noto, così non è, sia, sotto il profilo formale, per i possessori della Carta di soggiorno - qui,
peraltro, si apre un altro, complesso capitolo che, per il suo modesto impatto sulla problematica in commento, riteniamo di poter bypassare - sia,
questa volta a livello sostanziale, per effetto della circolare del Ministero dell'Interno 38/2006. Né si può ribattere che, allora, il certificato
di residenza attesta, implicitamente, l'accertamento delle condizioni predette - sempre, ovviamente, all'atto della richiesta di residenza -
per gli iscritti in anagrafe a partire dall'11 aprile 2007: a parte il restyling cui si dovrebbe sottoporre il certificato di residenza,
essendo imprescindibile la (indicazione della) data di iscrizione (e la cittadinanza), ci chiediamo quanto sarebbe compatibile con la
immediatezza - concettuale - che deve caratterizzare la certificazione, quale dichiarazione di scienza, un dato da raggiungere attraverso un
percorso articolato, in cui gioca un ruolo fondamentale il ragionamento per relationem, proprio degli interpreti e dei cultori del diritto.
di Rober Panozzo - autore di saggi in materia di cittadinanza, anagrafe della popolazione e diritto di famiglia
05/08/2008