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Il reato di immigrazione clandestina nell'ordinamento italiano

Il reato di immigrazione clandestina nell'ordinamento italiano

Il fenomeno dell'immigrazione [1], in cui si è di fronte non a migrazioni ma davanti a migrazioni di popoli, che hanno invaso in maniera presentita, quasi del tutto inaspettata e massiccia, il territorio italiano, è un fenomeno inatteso che ha cagionato situazioni emergenziali e, ancora oggi, non si è usciti dalla legislazione dell'emergenza dello straniero.

Lo straniero viene visto come legislazione di emergenza e legislazioni, presumibilmente, non perfette. È ovvio anche la virulenza con cui ondate di persone, le quali si sono riversate sulle coste italiane, hanno creato problemi di sicurezza interna. Tengo a precisare che la stragrande maggioranza dei reati commessi dagli immigrati, per quanto a volte ripugnanti nei reati contro la persona, sono una parte infinitesimale dei reati che commettono gli italiani.

Gran parte dei reati sono commessi da immigrati e immigrati clandestini e pare molto arduo che il reato sia cagionato da immigrati che sono in regola con il nostro ordinamento. Circa il 98% dei reati è commesso, appunto, da immigrati non regolari, soprattutto da immigrati giovani, dettata a volte dal disadattamento, dall'incapacità di integrarsi nell'ambiente che li circonda.

I reati più gravi - come quelli della mafia, della camorra e via dicendo - sono di esclusiva competenza dei cittadini italiani e negli stessi gli immigrati, quando ci sono, rivestono ruoli marginali, cioè a dire che nessuno ha mai constatato uno straniero a capo di un'organizzazione malavitosa. L'unico, effettivamente, fenomeno criminale associativo, in cui gli immigrati privilegiano, è quello dello sfruttamento della prostituzione, per la ragione che non interessa i nostri fenomeni mafiosi, i quali sono impegnati su tutt'altri settori ben più lucrosi.

È chiaro che anche la microcriminalità degli immigrati esige una risposta per il fatto che, di sovente, il cittadino italiano si sente più irritato dalla presenza di questa microcriminalità, mentre la grande, quella mafiosa, di solito passa inosservata per sua stessa indole e per sua stessa natura.

A partire dalla legge n.40 del 6 marzo 1998 - denominata legge Turco-Napolitano che si propone di regolare organicamente l'intera materia dell'immigrazione dall'estero - e, successivamente, con la legge n.189 del 20 luglio 2002 - denominata legge Bossi-Fini che prevede l'espulsione, emessa in via amministrativa dal Prefetto della Provincia, dove viene rintracciato lo straniero clandestino, sia immediatamente eseguita con l'accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica -, la legislazione, nei confronti dell'immigrato, ha subito sempre una maggiore pressione in senso repressivo.

Con la legge n.40/1998 (legge Turco-Napolitano) si puniva essenzialmente il traffico di immigrati, la tratta delle persone. Vennero modificati anche gli articoli 600, 601 e 602 del codice penale proprio per venire incontro al tragico fenomeno dello sfruttamento delle giovani donne avviate alla prostituzione e introdotte clandestinamente nello Stato italiano. Con la precedente legge n.39 del 28 febbraio 1990, denominata legge Martelli, con lo scopo di regolare organicamente l'immigrazione, ridefinire lo status di rifugiato, introdurre la programmazione dei flussi dall'estero, precisare le modalità di ingresso e respingimento alla frontiera e il soggiorno in Italia, si era cercato di dare una risposta al problema del diritto d'asilo, garantito dalla costituzione della Repubblica italiana e da tutta una serie di trattati internazionali, problema che sino ad oggi non è stato risolto del tutto, più per motivi procedurali delle lungaggini che per altre ragioni.

L'evoluzione normativa in tema di immigrazione clandestina ha subito un primo giro di vite con la legge n.189 del 20 luglio 2002 (legge Bossi-Fini), in cui, e forse per una sorta di nemesi storica, anche questa legge è stata voluta in maniera forte da persone che appartengono alla stessa ideologia. L'impianto della legge non era superficiale, anzi era meritevole per la ragione che questa legge del 2002 prevedeva che il cittadino straniero potesse entrare nel territorio italiano, che tuttora lo prevede, con il mero contratto di lavoro. Si puntava, in sostanza, a garantire la circostanza che il cittadino straniero, il quale doveva fare ingresso nello Stato italiano, entrasse già con un contratto di lavoro e questo gli impediva, ovviamente, di delinquere, per il fatto che se l'immigrante entra in uno Paese, in cui già deve lavorare onestamente, viene sottratto ad eventuali usi o reclutamenti da parte della criminalità. Era previsto, in aggiunta, che doveva essere in possesso di un'abitazione, era previsto lo sponsor cioè a dire il soggetto che doveva prestare la garanzia all'immigrato.

Questa idea, pur tuttavia, in sé benefica, è stata stravolta da una circostanza che, in seguito, si è rivelata a quella che oggi ha costretto il legislatore alla nuova legge - c.d. "Pacchetto Sicurezza", n.94 del 15 luglio 2009 - vale a dire la durata del contratto di lavoro, anello perverso della catena. Cosa è accaduto? Avveniva che queste persone entravano come regolari, lavoravano, di seguito, perdevano il lavoro, andavano via o dovevano lasciare il territorio italiano; al contrario, questi individui vivevano o di espedienti o lavoravano a nero.

L'articolo 10-bis disciplina il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Tale reato si configura come una contravvenzione che sanziona con l'ammenda da 5mila a 10mila € lo straniero che faccia ingresso o si trattenga nel territorio dello Stato [2].

L'ingresso nel territorio italiano è consentito ai cittadini dei Paesi non appartenenti all'UE solamente nel caso in cui siano in possesso di taluni requisiti come:

- passaporto valido ed un visto di ingresso non significa aver diritto all'ingresso. L'ingresso dello straniero e soggetto a 3 condizioni quali: il possesso di idonea documentazione atta a confermare il fine e le condizioni del soggiorno; la disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno medesimo; il fatto che l'ingresso sia avvenuto mercé uno dei valichi di frontiera.

Visto di ingresso. Su tale ultima tipologia di atto è compito del Ministero degli esteri il definire le diverse specifiche dei vari visti di ingresso e disciplinare le modalità della concessione. Non possono ottenere il rilascio del visto gli stranieri che sono considerati una minaccia per l'ordine pubblico da parte dell'Italia o di uno dei Paesi dell'area Schengen. Non possono altresì fare ingresso nel nostro territorio gli stranieri espulsi, quelli da espellere, quelli segnalati ai fini della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali; quelli condannati per reati legati all'immigrazione clandestina e per altri gravi reati. Circa l'immigrazione per ragioni di lavoro, l'ingresso degli stranieri è limitato e determinato secondo quote annuali, pertanto, le autorità diplomatiche rilasciano i visti di ingresso entro tali quote e secondo le modalità definite dal testo unico che prevede anche la possibilità di rilasciare visti per soggiorni di breve durata validi per non più di 90 giorni.

In base all'ordinamento vigente, i documenti che legittimano la permanenza dello straniero nel territorio italiano sono: il permesso di soggiorno rilasciato per un periodo variabile a seconda dei motivi del soggiorno e la carta di soggiorno a tempo indeterminato, il cui rilascio è previsto per gli stranieri stabilizzati.

Una volta fatto ingresso nel territorio nazionale, ogni straniero deve fare richiesta del permesso di soggiorno al questore della provincia in cui si trova, entro 8 giorni viene rilasciata.

Nella precedente legislatura, con la legge 28 maggio 2007 n.68, è stata approvata una disciplina legislativa, che non è parte integrante del T.U. sull'immigrazione, relativa ai soggiorni di breve durata, in cui è sancito che per fare ingresso in Italia per un soggiorno che non sia superiore ai 3 mesi e sia volto solamente per motivi di visita, affari, turismo o studio, non necessita del permesso di soggiorno. Inoltre, essa determina che per i soggiorni brevi lo spatium temporis per cui è consentita la permanenza nel nostro territorio sia quello presente nel visto di ingresso. In sostituzione della richiesta di permesso di soggiorno, la legge n. 68/2007 evidenzia, per gli stranieri non dell'UE, una mera dichiarazione di presenza sul lembo territoriale italiano in cui debba esserci la sottoscrizione autografa del richiedente, quale titolo alla permanenza nel nostro Paese per un periodo di tempo ridotto. Per questa dichiarazione sono previste due modalità diverse, a seconda del caso che l'ingresso sia avvenuto da una frontiera esterna all'area dell'accordo di Schengen [3] ovvero dai Paesi dell'aera Schengen: nel primo caso la dichiarazione dovrà essere resa all'autorità di frontiera, nel secondo la dichiarazione dovrà essere presentata entro 8 giorni al questore della provincia in cui lo straniero si trova.

Ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero denunciato per il reato di cui stiamo trattando, non è richiesto il rilascio del nulla-osta da parte dell'autorità giudiziaria competente all'accertamento dello stesso reato; nulla-osta che deve, di solito, essere richiesto dal questore nel momento in cui lo straniero viene sotto-posto a procedimento penale e non si trovi in stato di custodia cautelare [4].

Il questore comunica all'autorità giudiziaria, competente all'accertamento del reato, l'avvenuta esecuzione dell'espulsione o, meglio, del respingimento con accompagnamento alla frontiera [5]. Il questore dispone il respingimento con accompagnamento alla frontiera sia per gli stranieri che siano entrati nel territorio dello Stato, sottraendosi ai controlli di frontiera e siano stati fermati all'ingresso o subito dopo, sia nell'ipotesi in cui gli stessi siano stati momentaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso e debbano essere allontanati in seguito.

Se, tuttavia, lo straniero dovesse fare nuovamente ingresso illegalmente nel territorio dello Stato [6], verrà attuata l'azione penale per il medesimo fatto e nei riguardi della stessa persona, pur in presenza di una sentenza di non luogo a procedere. È previsto, in aggiunta, che allo straniero espulso venga inibito di rientrare nel nostro territorio per un periodo di 10 anni se non sia in possesso di una speciale autorizzazione del Ministro dell'Interno. È sancito anche che nel decreto di espulsione possa essere previsto un termine breve, che non sia inferiore a 5 anni.

Quando viene presentata una domanda di protezione internazionale, il procedimento subirà un arresto [7]. Se, al contrario, nel corso del processo il giudice dovesse acquisire la comunicazione del riconoscimento della protezione internazionale o, meglio, del rilascio del permesso di soggiorno stabilite dal T.U. sull'immigrazione, dovrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere [8]. Il testo che stiamo trattando, inoltre, estendendo al caso in cui il giudice pronunci sentenza di condanna per il reato di ingresso e di soggiorno illegale nel lembo territoriale italiano [9], novella la facoltà di sostituire la pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a 5 anni. Egli potrà avvalersi di tale facoltà quando riterrà di dovere irrogare una pena detentiva contenuta entro una soglia di due anni senza che ricorrano né le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena [10], né le cause ostative [11].

Sotto il profilo processuale, premesso che si tratta con tutta evidenza di un reato perseguibile d'ufficio, la novella prevede uno specifico processo dedicato; la competenza è attribuita al Giudice di Pace ed esclusivamente per l'ipotesi di cui all'art. 10 bis.

E' palese, infatti, che tutta la disciplina prevista dal T.U. è orientata a realizzare l'allontanamento dello straniero irregolare dal territorio nazionale; la condanna alla pena pecuniaria di cui al nuovo art. 10 bis non è quindi l'obiettivo principale dell'ordinamento.

Inoltre è probabile che l'accertamento della violazione della nuova norma possa avvenire in occasione di altre fattispecie di reato, più gravi, più complesse, che comportino anche provvedimenti di limitazione della libertà personale e di competenza del Tribunale.

 

del Dott. Giuseppe Paccione - esperto di Diritto Internazionale
31/01/2010

NOTE:

[1] La migrazione è il trasferimento permanente o temporaneo di gruppi di persone in un paese diverso da quello di origine; dal punto di vista del luogo di destinazione il fenomeno prende il nome di immigrazione da quello di origine si parla di emigrazione. Si possono includere le migrazioni di popolazioni ed i movimenti interni ad un paese (le cosiddette migrazioni interne e il fenomeno dell'urbanizzazione).

[2] Il legislatore, nell'ambito del recente provvedimento normativo inerente la sicurezza e il contrasto all'immigrazione clandestina (legge 94/2009), introduce nel corpo del T.U. dell'Immigrazione la nuova contravvenzione di "Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato", la quale stabilisce che "salvo che il fatto costituisce più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato,in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonché di quelle di cui all'art. 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con l'ammenda da 5000 a 10000 euro. Al reato di cui al presente comma non si applica l'art. 162 del codice penale".

[3] Dal 26 ottobre 1997 per chi viaggia l'Europa è più a portata di mano . Con l'entrata in vigore del trattato di Schengen, la libera circolazione in Europa é una realtà. I paesi infatti che attualmente hanno aderito all'accordo sono, oltre all'Italia: il Lussemburgo, la Germania, la Francia, la Spagna, il Portogallo, il Belgio, l'Austria, la Danimarca, la Finlandia, la Svezia, l'Olanda e la Grecia. Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia - Stati non comunitari - l'Unione Europea ha firmato con questi Paesi, il 18 maggio 1999, un accordo che li associa all'attuazione ed all'ulteriore sviluppo del sistema di Schengen, istituendo in questo modo la loro partecipazione allo stato di libera circolazione posto in essere nell'Unione Europea. Il trattato, che prende il nome dalla cittadina del Lussemburgo, Schengen, consente di viaggiare nei paesi della Comunità Europea evitando le formalità doganali. Volare tra Roma e Parigi o fra Milano e Francoforte oggi è come prendere un volo nazionale. L'applicazione del trattato implica procedure d'imbarco semplificate per i paesi Schengen. Negli scali aeroportuali é stata infatti operata la completa separazione dei flussi di traffico e dei clienti internazionali da quelli dei paesi aderenti al trattato Schengen. I clienti in partenza verso paesi Europei "Schengen" accederanno ai voli senza effettuare "controllo passaporti". Tutti i cittadini stranieri residenti in Italia (o con permesso di soggiorno) o con visto di ingresso per il nostro Paese possono a loro volta circolare liberamente per i Paesi Schengen. I viaggiatori in arrivo da destinazioni di paesi europei "Schengen" avranno un percorso dedicato evitando i controlli di passaporto e di dogana.

[4] Art. 13, comma 3, del T.U. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa. In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro sette giorni dalla data di ricevimento della richiesta. (3) In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell'articolo 14.

[5] Art. 10, comma 2, TU: Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri:a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendoli ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo;b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.

[6] Art.13, co.14: Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel periodo di permanenza in Italia. Art. 345c.p.p.: Il provvedimento di archiviazione e la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, anche se non più soggetta a impugnazione, con i quali è stata dichiarata la mancanza della querela, della istanza, della richiesta o dell'autorizzazione a procedere, non impediscono l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona se è in seguito proposta la querela, l'istanza, la richiesta o è concessa l'autorizzazione ovvero se è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l'autorizzazione.

[7] Il Decreto legislativo n.251/2007 è volto all'attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi e apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale. La richiesta di protezione internazionale viene presentata dai cittadini stranieri vittime di persecuzione nel proprio Paese di origine e, se accolta, può portare alla concessione dello status di rifugiato.

[8] Art.5, comma 6, TU: Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.

[9] Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 del codice penale ovvero nel pronunciare sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 10-bis, qualora non ricorrano le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico, che impediscono l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, può sostituire la medesima pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.

[10] Art. 163 c.p.: Nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all'arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per contravvenzione. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia superiore a due anni, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.
Se il reato è stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a tre anni. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a tre anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia superiore a tre anni, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.
Se il reato è stato commesso da persona di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni e sei mesi ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni e sei mesi. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni e sei mesi, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia superiore a due anni e sei mesi, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.
Qualora la pena inflitta non sia superiore ad un anno e sia stato riparato interamente il danno, prima che sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, nonché qualora il colpevole, entro lo stesso termine e fuori del caso previsto nel quarto comma dell'articolo 56, si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena, determinata nel caso di pena pecuniaria ragguagliandola a norma dell'articolo 135, rimanga sospesa per il termine di un anno.

[11] Art. 14, comma 1, T.U.: Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.