Interpello n. 28 del 27 giugno 2011 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – distacco di lavoratori extracomunitari per lo svolgimento di prestazioni qualificate – art. 27, lett. g), D.Lgs. n. 286/1998 -
Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali
DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA
Alla Confindustria
Viale dell’Astronomia, 30
00144 Roma
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – distacco di lavoratori extracomunitari per lo svolgimento di prestazioni qualificate – art. 27, lett. g), D.Lgs. n. 286/1998.
La Confindustria ha avanzato richiesta di interpello al fine di conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla corretta interpretazione dell’art. 27 del D.Lgs. n. 286/1998, recante la disciplina dell’ingresso per lavoro, in casi particolari, di cittadini stranieri extracomunitari.
Nello specifico, l’istante chiede chiarimenti in ordine all’ipotesi del distacco del lavoratore straniero in Italia per lo svolgimento di prestazioni qualificate, di cui all’art. 27, lett. g), del citato Decreto, sollevando le seguenti problematiche interpretative.
In primo luogo, si pone la questione relativa alla sussistenza o meno di un obbligo in capo all’impresa distaccante e all’impresa distaccataria di stipulare un contratto di appalto e quindi, a fortiori, di allegazione dello stesso a corredo dell’istanza per la concessione dell’autorizzazione all’ingresso per lavoro.
L’interpellante chiede inoltre se, in virtù del disposto di cui all’art. 40, comma 11, D.P.R. 31 agosto 1999, sia necessario, da un lato, che l’impresa distaccataria di nazionalità italiana o straniera operi nell’ambito del territorio nazionale mediante una propria sede stabile o una rappresentanza/filiale, dall’altro, che la “qualificazione” dei lavoratori distaccati possa essere dimostrata da diplomi di qualifica professionale, di perfezionamento aziendale ovvero da abilitazione ad una specifica prestazione lavorativa.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale dell’Immigrazione, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, va ricordato che, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 286/1998, l’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari per motivi di lavoro subordinato o autonomo è consentito, in linea generale, nel rispetto di quote aventi ad oggetto il numero complessivo di lavoratori stranieri, non ancora in possesso di permesso di soggiorno, da ammettere nel territorio italiano.
Si precisa che le suddette quote, nonché il conseguente numero di visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro, vengono fissati con cadenza annuale mediante Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
In tale quadro regolatorio s’inserisce la disposizione normativa di cui all’art. 27 del D.Lgs. n. 286, la quale individua alcune ipotesi in cui è consentito procedere, al di fuori delle menzionate quote di flusso, al rilascio delle autorizzazioni, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno in casi particolari e nei confronti di determinate categorie di lavoratori stranieri.
Ciò premesso, si evidenzia che tra le ipotesi di cui sopra, l’articolo citato, alla lett. g) annovera la categoria dei “lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente, a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati”
Dalla lettura della disposizione menzionata non si evince alcun riferimento esplicito alla necessaria stipulazione di un contratto di appalto tra il datore di lavoro/eventuale impresa distaccante e l’azienda distaccataria, essendo previsto, invece, quale requisito indispensabile ai fini dell’ingresso al lavoro, l’espletamento di compiti e prestazioni lavorative specifiche di natura subordinata nell’ambito di un arco temporale determinato.
Peraltro, laddove la stipulazione del contratto di appalto costituisce presupposto necessario per la concessione dell’autorizzazione, il Legislatore lo ha disposto in modo espresso, come avviene nell’ipotesi di cui all’art. 27, lett. i), del citato Decreto.
Ai fini della soluzione del quesito avanzato, si ritiene opportuno richiamare, altresì, la disciplina delineata in materia di distacco transnazionale dal D.Lgs. n. 72 del 2000, relativa alle prestazioni di servizi in ambito comunitario ma applicabile anche nei confronti delle imprese stabilite in uno Stato non membro rientranti in una delle situazioni ivi previste (art. 1, D.Lgs. n. 72/2000).
In particolare, la normativa contempla le ipotesi di mobilità temporanea di lavoratori realizzate attraverso diverse formule organizzative: da parte di un’azienda straniera presso una propria filiale situata in Italia o presso una azienda italiana appartenente al medesimo gruppo di impresa (collegamento societario, unico gruppo internazionale-multinazionale, joint-venture) ovvero nell’ambito di un contratto commerciale (appalto di opera e servizi, trasporto, ecc.)
stipulato con un committente avente sede legale o operativa sul territorio italiano (cfr. risposta ad interpello n. 33/2010).
In linea con le argomentazioni svolte, in riposta alla prima questione posta, è possibile dunque affermare che il datore di lavoro distaccante non sia tenuto a stipulare un contratto di appalto con l’impresa distaccataria e, conseguentemente, ad allegare lo stesso a corredo dell’istanza per la
concessione dell’autorizzazione all’ingresso di cui all’art.27, lett. g), D.Lgs. n. 286/1998.
Ai fini di tale richiesta, si ritiene comunque indispensabile la presentazione di idonea documentazione attestante sia il rapporto contrattuale di natura commerciale intercorrente tra il distaccante e il distaccatario, sia il limite temporale di svolgimento dell’attività lavorativa specializzata, nonché il rispetto di tutte le condizioni previste dalla contrattazione collettiva e dalla legislazione italiana.
Con riferimento alle ulteriori problematiche sollevate, alla luce di quanto sopra, si rinvia a quanto previsto dall’art. 40, comma 11, D.P.R. 31 agosto del 1999, come modificato dal D.P.R. n. 334/2004, ai sensi del quale nelle fattispecie in esame il nulla osta al lavoro può essere richiesto:
- “solo da organizzazione o impresa, italiana o straniera, operante nel territorio italiano, con proprie sedi, rappresentanze o filiali”;
- “e può riguardare soltanto prestazioni qualificate di lavoro subordinato, intendendo per tali quelli riferite all’esecuzione di opere o servizi particolari per i quali occorre esperienza specifica nel contesto complessivo dell’opera o del servizio stesso, per un numero limitato di lavoratori”.
In definitiva, la formulazione generica della normativa permette di considerare i diplomi di qualifica professionale, di perfezionamento aziendale ovvero da abilitazione ad una specifica prestazione lavorativa, indicati dall’interpellante, titoli adeguati ad una efficace qualificazione del lavoratore, a condizione che la specializzazione raggiunta da quest’ultimo sia coerente con l’esecuzione di opere o servizi particolari che lo stesso è tenuto a svolgere.
e delle Politiche Sociali
DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA
Alla Confindustria
Viale dell’Astronomia, 30
00144 Roma
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – distacco di lavoratori extracomunitari per lo svolgimento di prestazioni qualificate – art. 27, lett. g), D.Lgs. n. 286/1998.
La Confindustria ha avanzato richiesta di interpello al fine di conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla corretta interpretazione dell’art. 27 del D.Lgs. n. 286/1998, recante la disciplina dell’ingresso per lavoro, in casi particolari, di cittadini stranieri extracomunitari.
Nello specifico, l’istante chiede chiarimenti in ordine all’ipotesi del distacco del lavoratore straniero in Italia per lo svolgimento di prestazioni qualificate, di cui all’art. 27, lett. g), del citato Decreto, sollevando le seguenti problematiche interpretative.
In primo luogo, si pone la questione relativa alla sussistenza o meno di un obbligo in capo all’impresa distaccante e all’impresa distaccataria di stipulare un contratto di appalto e quindi, a fortiori, di allegazione dello stesso a corredo dell’istanza per la concessione dell’autorizzazione all’ingresso per lavoro.
L’interpellante chiede inoltre se, in virtù del disposto di cui all’art. 40, comma 11, D.P.R. 31 agosto 1999, sia necessario, da un lato, che l’impresa distaccataria di nazionalità italiana o straniera operi nell’ambito del territorio nazionale mediante una propria sede stabile o una rappresentanza/filiale, dall’altro, che la “qualificazione” dei lavoratori distaccati possa essere dimostrata da diplomi di qualifica professionale, di perfezionamento aziendale ovvero da abilitazione ad una specifica prestazione lavorativa.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale dell’Immigrazione, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, va ricordato che, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 286/1998, l’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari per motivi di lavoro subordinato o autonomo è consentito, in linea generale, nel rispetto di quote aventi ad oggetto il numero complessivo di lavoratori stranieri, non ancora in possesso di permesso di soggiorno, da ammettere nel territorio italiano.
Si precisa che le suddette quote, nonché il conseguente numero di visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro, vengono fissati con cadenza annuale mediante Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
In tale quadro regolatorio s’inserisce la disposizione normativa di cui all’art. 27 del D.Lgs. n. 286, la quale individua alcune ipotesi in cui è consentito procedere, al di fuori delle menzionate quote di flusso, al rilascio delle autorizzazioni, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno in casi particolari e nei confronti di determinate categorie di lavoratori stranieri.
Ciò premesso, si evidenzia che tra le ipotesi di cui sopra, l’articolo citato, alla lett. g) annovera la categoria dei “lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente, a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati”
Dalla lettura della disposizione menzionata non si evince alcun riferimento esplicito alla necessaria stipulazione di un contratto di appalto tra il datore di lavoro/eventuale impresa distaccante e l’azienda distaccataria, essendo previsto, invece, quale requisito indispensabile ai fini dell’ingresso al lavoro, l’espletamento di compiti e prestazioni lavorative specifiche di natura subordinata nell’ambito di un arco temporale determinato.
Peraltro, laddove la stipulazione del contratto di appalto costituisce presupposto necessario per la concessione dell’autorizzazione, il Legislatore lo ha disposto in modo espresso, come avviene nell’ipotesi di cui all’art. 27, lett. i), del citato Decreto.
Ai fini della soluzione del quesito avanzato, si ritiene opportuno richiamare, altresì, la disciplina delineata in materia di distacco transnazionale dal D.Lgs. n. 72 del 2000, relativa alle prestazioni di servizi in ambito comunitario ma applicabile anche nei confronti delle imprese stabilite in uno Stato non membro rientranti in una delle situazioni ivi previste (art. 1, D.Lgs. n. 72/2000).
In particolare, la normativa contempla le ipotesi di mobilità temporanea di lavoratori realizzate attraverso diverse formule organizzative: da parte di un’azienda straniera presso una propria filiale situata in Italia o presso una azienda italiana appartenente al medesimo gruppo di impresa (collegamento societario, unico gruppo internazionale-multinazionale, joint-venture) ovvero nell’ambito di un contratto commerciale (appalto di opera e servizi, trasporto, ecc.)
stipulato con un committente avente sede legale o operativa sul territorio italiano (cfr. risposta ad interpello n. 33/2010).
In linea con le argomentazioni svolte, in riposta alla prima questione posta, è possibile dunque affermare che il datore di lavoro distaccante non sia tenuto a stipulare un contratto di appalto con l’impresa distaccataria e, conseguentemente, ad allegare lo stesso a corredo dell’istanza per la
concessione dell’autorizzazione all’ingresso di cui all’art.27, lett. g), D.Lgs. n. 286/1998.
Ai fini di tale richiesta, si ritiene comunque indispensabile la presentazione di idonea documentazione attestante sia il rapporto contrattuale di natura commerciale intercorrente tra il distaccante e il distaccatario, sia il limite temporale di svolgimento dell’attività lavorativa specializzata, nonché il rispetto di tutte le condizioni previste dalla contrattazione collettiva e dalla legislazione italiana.
Con riferimento alle ulteriori problematiche sollevate, alla luce di quanto sopra, si rinvia a quanto previsto dall’art. 40, comma 11, D.P.R. 31 agosto del 1999, come modificato dal D.P.R. n. 334/2004, ai sensi del quale nelle fattispecie in esame il nulla osta al lavoro può essere richiesto:
- “solo da organizzazione o impresa, italiana o straniera, operante nel territorio italiano, con proprie sedi, rappresentanze o filiali”;
- “e può riguardare soltanto prestazioni qualificate di lavoro subordinato, intendendo per tali quelli riferite all’esecuzione di opere o servizi particolari per i quali occorre esperienza specifica nel contesto complessivo dell’opera o del servizio stesso, per un numero limitato di lavoratori”.
In definitiva, la formulazione generica della normativa permette di considerare i diplomi di qualifica professionale, di perfezionamento aziendale ovvero da abilitazione ad una specifica prestazione lavorativa, indicati dall’interpellante, titoli adeguati ad una efficace qualificazione del lavoratore, a condizione che la specializzazione raggiunta da quest’ultimo sia coerente con l’esecuzione di opere o servizi particolari che lo stesso è tenuto a svolgere.
IL DIRETTORE GENERALE
(f.to Paolo Pennesi)
(f.to Paolo Pennesi)
Lunedì, 27 Giugno 2011