Legge n. 184 del 4 maggio 1983 (G.U. n. 133 del 17-5-1983 - Suppl. Ordinario
Diritto del minore ad una famiglia
Legge n. 149 del 28 marzo 2001
LEGGE 4 maggio 1983 n. 184
( pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 maggio 1983 n. 133 S.O. )
DIRITTO DEL MINORE AD UNA FAMIGLIA
TITOLO I
Principi generali
Art. 1.
1. 1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'àmbito della propria famiglia.
2. Le condizioni di indigenza
dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non
possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla
propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti
interventi di sostegno e di aiuto.
3. Lo Stato, le regioni e gli
enti locali, nell'àmbito delle proprie competenze, sostengono, con
idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti
delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio,
al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere
educato nell'àmbito della propria famiglia. Essi promuovono altresì
iniziative di formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e
l'adozione e di sostegno all'attività delle comunità di tipo
familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento
professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione
e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in
affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare
convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano
nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la
realizzazione delle attività di cui al presente comma.
4. Quando
la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e
all'educazione del minore, si applicano gli istituti di cui alla
presente legge.
5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed
essere educato nell'àmbito di una famiglia è assicurato senza
distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e
nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in
contrasto con i princìpi fondamentali dell'ordinamento (4).
(3)
Rubrica così sostituita dall'art. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149.
(4)
Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149.
TITOLO I-bis
Dell'affidamento del minore (5)
2. 1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente
familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto
disposti ai sensi dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia,
preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado
di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le
relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
2. Ove non sia
possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito
l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in
mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia
sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui
stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori
di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso
una comunità di tipo familiare.
3. In caso di necessità e
urgenza l'affidamento può essere disposto anche senza porre in
essere gli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3.
4. Il
ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006
mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile,
mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da
organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una
famiglia.
5. Le regioni, nell'àmbito delle proprie competenze e
sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e
dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo
familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto
dei medesimi (6).
(5) Intitolazione aggiunta dall'art. 2, L. 28
marzo 2001, n. 149.
(6) Articolo così sostituito dall'art. 2, L.
28 marzo 2001, n. 149.
3. 1. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e
degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri
tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo
X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda
alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l'esercizio della
potestà dei genitori o della tutela sia impedito.
2. Nei casi
previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall'accoglienza del
minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina
del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la
propria attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli
istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati
a tale incarico.
3. Nel caso in cui i genitori riprendano
l'esercizio della potestà, le comunità di tipo familiare e gli
istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al giudice
tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio
(7).
(7) Articolo così sostituito dall'art. 3, L. 28 marzo 2001,
n. 149.
4. 1. L'affidamento familiare è disposto dal servizio
sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal
genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore
che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore,
in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice
tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il
provvedimento con decreto.
2. Ove manchi l'assenso dei genitori
esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i
minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice
civile.
3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono
essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i
tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti
all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli
altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con
il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale
cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza,
nonché la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere
costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i
minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi
dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la
responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza
durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice
tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si
trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei
commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a
presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di
assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione
delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di
provenienza.
4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre
essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che
deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero
della famiglia d'origine. Tale periodo non può superare la durata di
ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni,
qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al
minore.
5. L'affidamento familiare cessa con provvedimento della
stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore,
quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della
famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la
prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
6. Il giudice
tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute
le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale
interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il
minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di
discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i
minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del
minore.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in
quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una
comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o
privato (8).
(8) Articolo così sostituito dall'art. 4, L. 28
marzo 2001, n. 149.
5. 1. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore
e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione,
tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia
stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile,
o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall'autorità
affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni
dell'articolo 316 del codice civile. In ogni caso l'affidatario
esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione
agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le
autorità sanitarie. L'affidatario deve essere sentito nei
procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di
adottabilità relativi al minore affidato.
2. Il servizio sociale,
nell'àmbito delle proprie competenze, su disposizione del giudice
ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno
educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di
provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità
più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle
altre strutture del territorio e dell'opera delle associazioni
familiari eventualmente indicate dagli affidatari.
3. Le norme di
cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di
minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si
trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato.
4. Lo
Stato, le regioni e gli enti locali, nell'àmbito delle proprie
competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei
rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto
economico in favore della famiglia affidataria (9).
(9) Articolo
così sostituito dall'art. 5, L. 28 marzo 2001, n. 149.
TITOLO II
Dell'adozione
Capo I - Disposizioni generali
6. 1. L'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da
almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere
avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di
fatto.
2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci
di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare.
3.
L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più
di quarantacinque anni l'età dell'adottando.
4. Il requisito
della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi
realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile
e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel
caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la
stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze
del caso concreto.
5. I limiti di cui al comma 3 possono essere
derogati, qualora il tribunale per i minorenni accerti che dalla
mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per
il minore.
6. Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo
di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura
non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di
figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore,
ovvero quando l'adozione riguardi un fratello o una sorella del
minore già dagli stessi adottato.
7. Ai medesimi coniugi sono
consentite più adozioni anche con atti successivi e costituisce
criterio preferenziale ai fini dell'adozione l'avere già adottato un
fratello dell'adottando o il fare richiesta di adottare più
fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all'adozione di minori
che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
8.
Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con
handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio
1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono
intervenire, nell'àmbito delle proprie competenze e nei limiti delle
disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche
misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di
sostegno alla formazione e all'inserimento sociale, fino all'età di
diciotto anni degli adottati (10).
(10) Articolo così sostituito
dall'art. 6, L. 28 marzo 2001, n. 149. La Corte costituzionale, con
sentenza 18 marzo-1° aprile 1992, n. 148 (Gazz. Uff. 8 aprile 1992,
n. 15 - Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 6, secondo comma, nella parte in cui non
consentiva l'adozione di uno o più fratelli in stato di
adottabilità, nel caso in cui per uno di essi l'età degli adottanti
superasse di più di quarant'anni l'età dell'adottando e dalla
separazione fosse derivato ai minori un danno grave per il venir meno
della comunanza di vita e di educazione; con sentenza 18-24 luglio
1996, n. 303 (Gazz. Uff. 31 luglio 1996, n. 31 - Serie speciale),
aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo
comma, nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse
disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore,
nel caso in cui l'età di uno dei coniugi adottanti superasse di
oltre quaranta anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la
differenza di età compresa in quella di solito intercorsa tra
genitori e figli, se dalla mancata adozione fosse derivato un danno
grave e non altrimenti evitabile per il minore; con sentenza 28
settembre-9 ottobre 1998, n. 349 (Gazz. Uff. 14 ottobre 1998, n. 41 -
Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale
dell'art. 6, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva che il
giudice potesse disporre l'adozione, valutando esclusivamente
l'interesse del minore, nel caso in cui l'età di uno dei coniugi
adottanti non superasse di almeno diciotto anni l'età
dell'adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in
quella di solito intercorsa tra genitori e figli, se dalla mancata
adozione fosse derivato un danno grave e non altrimenti evitabile per
il minore; con sentenza 5-9 luglio 1999, n. 283 (Gazz. Uff. 14 luglio
1999, n. 28, Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 6, secondo comma, nella parte in cui non
prevedeva che il giudice potesse disporre l'adozione, valutando
esclusivamente l'interesse del minore, nel caso in cui l'età dei
coniugi adottanti superasse di oltre quaranta anni l'età
dell'adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in
quella che di solito intercorsa tra genitori e figli, se dalla
mancata adozione fosse derivato un danno grave e non altrimenti
evitabile per il minore.
7. 1. L'adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in
stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.
2. Il
minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere
adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che deve
essere manifestato anche quando il minore compia l'età predetta nel
corso del procedimento. Il consenso dato può comunque essere
revocato sino alla pronuncia definitiva dell'adozione.
3. Se
l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente
sentito; se ha un'età inferiore, deve essere sentito, in
considerazione della sua capacità di discernimento (11).
(11)
Articolo così sostituito dall'art. 7, L. 28 marzo 2001, n. 149.
Capo II - Della dichiarazione di adottabilità (12)
8. 1. Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per
i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia
accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza
morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a
provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa
di forza maggiore di carattere transitorio.
2. La situazione di
abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al
comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti di
assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero
siano in affidamento familiare.
3. Non sussiste causa di forza
maggiore quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di
sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale rifiuto viene
ritenuto ingiustificato dal giudice.
4. Il procedimento di
adottabilità deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale
del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2
dell'articolo 10 (13).
(12) L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150,
ha disposto che in via transitoria e fino alla emanazione di una
specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la
dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente
capo, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione
continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti
anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto
decreto.
(13) Articolo così sostituito dall'art. 8, L. 28 marzo
2001, n. 149.
9. 1. Chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica
situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli
incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di
pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore
della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui
il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di
abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio
ufficio.
2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le
comunità di tipo familiare devono trasmettere semestralmente al
procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del
luogo ove hanno sede l'elenco di tutti i minori collocati presso di
loro con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della
località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e
delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie
informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare
l'adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso
le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici
o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in
situazioni di abbandono, specificandone i motivi.
3. Il
procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che
trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa,
ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti di
assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 2. Può
procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.
4. Chiunque,
non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella
propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per
un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne
segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per
i minorenni. L'omissione della segnalazione può comportare
l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e
l'incapacità all'ufficio tutelare.
5. Nello stesso termine di cui
al comma 4, uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore
che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il
figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L'omissione
della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul
figlio a norma dell'articolo 330 del codice civile e l'apertura della
procedura di adottabilità (14).
(14) Articolo così sostituito
dall'art. 9, L. 28 marzo 2001, n. 149.
10. 1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da
lui delegato, ricevuto il ricorso di cui all'articolo 9, comma 2,
provvede all'immediata apertura di un procedimento relativo allo
stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente,
all'occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli organi di
pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni
giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e
vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.
2.
All'atto dell'apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o,
in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti
significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del
tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li
informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi
non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono
partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono
presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre
copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del
giudice.
3. Il tribunale può disporre in ogni momento e fino
all'affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio
nell'interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo
presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione
della potestà dei genitori sul minore, la sospensione dell'esercizio
delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.
4.
In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma 3
possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni
o da un giudice da lui delegato.
5. Il tribunale, entro trenta
giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti
urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il tribunale provvede in camera
di consiglio con l'intervento del pubblico ministero, sentite tutte
le parti interessate ed assunta ogni necessaria informazione. Deve
inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e
anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua
capacità di discernimento. I provvedimenti adottati debbono essere
comunicati al pubblico ministero ed ai genitori. Si applicano le
norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile
(15).
(15) Articolo così sostituito dall'art. 10, L. 28 marzo
2001, n. 149.
11. Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente
risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti
parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con
il minore, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo
stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai
sensi dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni
decide nell'esclusivo interesse del minore (16).
Nel caso in cui
non risulti l'esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto
il minore o la cui paternità o maternità sia stata dichiarata
giudizialmente, il tribunale per i minorenni, senza eseguire
ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione
dello stato di adottabilità a meno che non vi sia richiesta di
sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno
dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al
riconoscimento. La sospensione può essere disposta dal tribunale per
un periodo massimo di due mesi sempreché nel frattempo il minore sia
assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o
in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il
genitore naturale.
Nel caso di non riconoscibilità per difetto di
età del genitore, la procedura è rinviata anche d'ufficio sino al
compimento del sedicesimo anno di età del genitore naturale, purché
sussistano le condizioni menzionate nel comma precedente. Al
compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere ulteriore
sospensione per altri due mesi.Ove il tribunale sospenda o rinvii la
procedura ai sensi dei commi precedenti, nomina al minore, se
necessario, un tutore provvisorio.
Se entro detti termini viene
effettuato il riconoscimento, deve dichiararsi chiusa la procedura,
ove non sussista abbandono morale e materiale. Se trascorrono i
termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento, si provvede
senza altra formalità di procedura alla pronuncia dello stato di
adottabilità.
Il tribunale, in ogni caso, anche a mezzo dei
servizi locali, informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o
comunque quello reperibile, che si possono avvalere delle facoltà di
cui al secondo e terzo comma.
Intervenuta la dichiarazione di
adottabilità e l'affidamento preadottivo, il riconoscimento è privo
di efficacia. Il giudizio per la dichiarazione giudiziale di
paternità o maternità è sospeso di diritto e si estingue ove segua
la pronuncia di adozione divenuta definitiva (2/cost).
(16) Comma
così modificato dall'art. 11, L. 28 marzo 2001, n. 149.
(2/cost)
La Corte costituzionale con sentenza 8-10 maggio 1995, n. 160 (Gazz.
Uff. 12 maggio 1995, n. 20, serie speciale), ha dichiarato non
fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10,
11, 12, 13, 14, 15 e 16, sollevata, in riferimento all'art. 24 della
Costituzione.
12. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza
dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati
nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti
significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente
del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro
comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice
da lui delegato.
Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano
fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede,
la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni
del luogo della loro residenza.
In caso di residenza all'estero è
delegata l'autorità consolare competente.
Udite le dichiarazioni
dei genitori o dei parenti, il presidente del tribunale per i
minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità,
impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni
idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione
e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici
accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice
tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato
l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e
la famiglia.
Il presidente o il giudice delegato può, altresì,
chiedere al pubblico ministero di promuovere l'azione per la
corresponsione degli alimenti a carico di chi vi è tenuto per legge
e, al tempo stesso, dispone, ove d'uopo, provvedimenti temporanei ai
sensi del comma 3 dell'articolo 10 (17) (2/cost).
(17) Comma così
modificato dall'art. 12, L. 28 marzo 2001, n. 149.
(2/cost) La
Corte costituzionale con sentenza 8-10 maggio 1995, n. 160 (Gazz.
Uff. 12 maggio 1995, n. 20, serie speciale), ha dichiarato non
fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10,
11, 12, 13, 14, 15 e 16, sollevata, in riferimento all'art. 24 della
Costituzione.
13. Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo
precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la
residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni
provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del
codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi
di pubblica sicurezza (2/cost).
(2/cost) La Corte costituzionale
con sentenza 8-10 maggio 1995, n. 160 (Gazz. Uff. 12 maggio 1995, n.
20, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16,
sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione.
14. 1. Il tribunale per i minorenni può disporre, prima della
dichiarazione di adottabilità, la sospensione del procedimento,
quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate
risulta che la sospensione può riuscire utile nell'interesse del
minore. In tal caso la sospensione è disposta con ordinanza motivata
per un periodo non superiore a un anno.
2. La sospensione è
comunicata ai servizi sociali locali competenti perché adottino le
iniziative opportune (18).
(18) Articolo così sostituito
dall'art. 13, L. 28 marzo 2001, n. 149.
15. 1. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti
dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di
cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è
dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:
a) i genitori ed
i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono
presentati senza giustificato motivo;
b) l'audizione dei soggetti
di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di
assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi;
c)
le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste
inadempiute per responsabilità dei genitori.
2. La dichiarazione
dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per
i minorenni in camera di consiglio con sentenza, sentito il pubblico
ministero, nonché il rappresentante dell'istituto di assistenza
pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il
minore è collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere,
parimenti, sentiti il tutore, ove esista, ed il minore che abbia
compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in
considerazione della sua capacità di discernimento.
3. La
sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori,
ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, al tutore,
nonché al curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso
agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e
nei termini di cui all'articolo 17 (19).
(19) Articolo così
sostituito dall'art. 14, L. 28 marzo 2001, n. 149.
16. 1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura
prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano
i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara
che non vi è luogo a provvedere.
2. La sentenza è notificata per
esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel
primo comma dell'articolo 12, nonché al tutore e al curatore
speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i
provvedimenti opportuni nell'interesse del minore.
3. Si applicano
gli articoli 330 e seguenti del codice civile (20).
(20) Articolo
così sostituito dall'art. 15, L. 28 marzo 2001, n. 149.
17. 1. Avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti
possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, sezione per
i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La corte,
sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro
opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di consiglio e
provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro quindici
giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d'ufficio al
pubblico ministero e alle altre parti.
2. Avverso la sentenza
della corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione, entro trenta
giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai numeri 3, 4 e 5
del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile. Si
applica altresì il secondo comma dello stesso articolo.
3.
L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso deve essere
fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti
introduttivi (21).
(21) Articolo così sostituito dall'art. 16, L.
28 marzo 2001, n. 149.
18. 1. La sentenza definitiva che dichiara lo stato di
adottabilità è trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per
i minorenni, su apposito registro conservato presso la cancelleria
del tribunale stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il
decimo giorno successivo a quello della comunicazione che la sentenza
di adottabilità è divenuta definitiva. A questo effetto, il
cancelliere del giudice dell'impugnazione deve inviare immediatamente
apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i minorenni
(22).
(22) Articolo così sostituito dall'art. 17, L. 28 marzo
2001, n. 149.
19. Durante lo stato di adottabilità è sospeso l'esercizio della
potestà dei genitori.Il tribunale per i minorenni nomina un tutore,
ove già non esista, e adotta gli ulteriori provvedimenti
nell'interesse del minore.
20. Lo stato di adottabilità cessa per
adozione o per il raggiungimento della maggiore età da parte
dell'adottando.
21. 1. Lo stato di adottabilità cessa altresì per revoca,
nell'interesse del minore, in quanto siano venute meno le condizioni
di cui all'articolo 8, comma 1, successivamente alla sentenza di cui
al comma 2 dell'articolo 15.
2. La revoca è pronunciata dal
tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico
ministero, dei genitori, del tutore.
3. Il tribunale provvede in
camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
4. Nel caso in
cui sia in atto l'affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità
non può essere revocato (23).
(23) Articolo così sostituito
dall'art. 18, L. 28 marzo 2001, n. 149.
Capo III - Dell'affidamento preadottivo
22. 1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al
tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilità ad
adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni
indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n.
104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate. È ammissibile la presentazione di più
domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché in
ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente
aditi. I tribunali cui la domanda è presentata possono richiedere
copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi
coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere
comunicati d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla
presentazione e può essere rinnovata.
2. In ogni momento a coloro
che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie
sullo stato del procedimento.
3. Il tribunale per i minorenni,
accertati previamente i requisiti di cui all'articolo 6, dispone
l'esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai
servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati,
nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende
sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria
alle domande dirette all'adozione di minori di età superiore a
cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104.
4. Le indagini, che devono essere
tempestivamente avviate e concludersi entro centoventi giorni,
riguardano in particolare la capacità di educare il minore, la
situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare
dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano
adottare il minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il
quale devono concludersi le indagini può essere prorogato una sola
volta e per non più di centoventi giorni.5. Il tribunale per i
minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie
che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di
corrispondere alle esigenze del minore.
6. Il tribunale per i
minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli
ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto
gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in
considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni
altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l'affidamento
preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza. Il minore che
abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso
consenso all'affidamento alla coppia prescelta.
7. Il tribunale
per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti
rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere
disposto l'affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato
di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L'ordinanza
è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il
provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e
comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a
margine della trascrizione di cui all'articolo 18.
8. Il tribunale
per i minorenni vigila sul buon andamento dell'affidamento
preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi
locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà,
convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla
presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause
all'origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di
sostegno psicologico e sociale (24).
(24) Articolo così
sostituito dall'art. 19, L. 28 marzo 2001, n. 149.
23. 1. L'affidamento preadottivo è revocato dal tribunale per i
minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero o del tutore
o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all'articolo 22, comma
8, quando vengano accertate difficoltà di idonea convivenza ritenute
non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal
tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto
motivato. Debbono essere sentiti, oltre al pubblico ministero ed al
presentatore dell'istanza di revoca, il minore che abbia compiuto gli
anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione
della sua capacità di discernimento, gli affidatari, il tutore e
coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno.
2.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, al presentatore
dell'istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che
dispone la revoca dell'affidamento preadottivo è annotato a cura del
cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione di cui
all'articolo 18.
3. In caso di revoca, il tribunale per i
minorenni adotta gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del
minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli
330 e seguenti del codice civile (25).
(25) Articolo così
sostituito dall'art. 20, L. 28 marzo 2001, n. 149.
24. Il pubblico ministero e il tutore possono impugnare il decreto del tribunale relativo all'affidamento preadottivo o alla sua revoca, entro dieci giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della corte d'appello.La corte d'appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e, ove occorra, le persone indicate nell'articolo 23 ed effettuati ogni altro accertamento ed indagine opportuni, decide in camera di consiglio con decreto motivato.
Capo IV - Della dichiarazione di adozione
25. 1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di
adottabilità, decorso un anno dall'affidamento, sentiti i coniugi
adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore
di età inferiore, in considerazione della sua capacità di
discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano
svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano
tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra
formalità di procedura, provvede sull'adozione con sentenza in
camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo
all'adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve
manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti della coppia
prescelta.
2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da
coniugi che hanno discendenti legittimi o legittimati, questi, se
maggiori degli anni quattordici, debbono essere sentiti.
3.
Nell'interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere
prorogato di un anno, d'ufficio o su domanda dei coniugi affidatari,
con ordinanza motivata.
4. Se uno dei coniugi muore o diviene
incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione,
nell'interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza
dell'altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il
coniuge deceduto, dalla data della morte.5. Se nel corso
dell'affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi
affidatari, l'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo
o di entrambi, nell'esclusivo interesse del minore, qualora il
coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.
6. La sentenza che
decide sull'adozione è comunicata al pubblico ministero, ai coniugi
adottanti ed al tutore.
7. Nel caso di provvedimento negativo
viene meno l'affidamento preadottivo ed il tribunale per i minorenni
assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai
sensi dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e
seguenti del codice civile (26).
(26) Articolo così sostituito
dall'art. 21, L. 28 marzo 2001, n. 149.
26. 1. Avverso la sentenza che dichiara se fare luogo o non fare
luogo all'adozione, entro trenta giorni dalla notifica, può essere
proposta impugnazione davanti alla sezione per i minorenni della
Corte d'appello da parte del pubblico ministero, dagli adottanti e
dal tutore del minore. La Corte d'appello, sentite le parti ed
esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza. La
sentenza è notificata d'ufficio alle parti per esteso.
2. Avverso
la sentenza della Corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione,
che deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica della
stessa, solo per i motivi di cui al primo comma, numero 3,
dell'articolo 360 del codice di procedura civile.
3. L'udienza di
discussione dell'appello e del ricorso per Cassazione deve essere
fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti
introduttivi.
4. La sentenza che pronuncia l'adozione, divenuta
definitiva, è immediatamente trascritta nel registro di cui
all'articolo 18 e comunicata all'ufficiale dello stato civile che la
annota a margine dell'atto di nascita dell'adottato. A questo
effetto, il cancelliere del giudice dell'impugnazione deve
immediatamente dare comunicazione della definitività della sentenza
al cancelliere del tribunale per i minorenni.
5. Gli effetti
dell'adozione si producono dal momento della definitività della
sentenza (27).
(27) Articolo così sostituito dall'art. 22, L. 28
marzo 2001, n. 149.
27. Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di
figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il
cognome.
Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie
separata, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il
cognome della famiglia di lei (28).
Con l'adozione cessano i
rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti
matrimoniali.
(28) Comma così modificato dall'art. 23, L. 28
marzo 2001, n. 149.
28. 1. Il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i
genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono
più opportuni.
2. Qualunque attestazione di stato civile riferita
all'adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo
cognome e con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e
alla maternità del minore e dell'annotazione di cui all'articolo 26,
comma 4.
3. L'ufficiale di stato civile, l'ufficiale di anagrafe e
qualsiasi altro ente pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio
debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni,
estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di
adozione, salvo autorizzazione espressa dell'autorità giudiziaria.
Non è necessaria l'autorizzazione qualora la richiesta provenga
dall'ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano
impedimenti matrimoniali.
4. Le informazioni concernenti
l'identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori
adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione
del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati
motivi. Il tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e
accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le
informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una
struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i
presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo
per la salute del minore.
5. L'adottato, raggiunta l'età di
venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua
origine e l'identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche
raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi
attinenti alla sua salute psico-fisica. L'istanza deve essere
presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza.
6.
Il tribunale per i minorenni procede all'audizione delle persone di
cui ritenga opportuno l'ascolto; assume tutte le informazioni di
carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l'accesso
alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento
all'equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l'istruttoria,
il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l'accesso alle
notizie richieste.
7. L'accesso alle informazioni non è
consentito se l'adottato non sia stato riconosciuto alla nascita
dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici
abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il
consenso all'adozione a condizione di rimanere anonimo.
8. Fatto
salvo quanto previsto dai commi precedenti, l'autorizzazione non è
richiesta per l'adottato maggiore di età quando i genitori adottivi
sono deceduti o divenuti irreperibili (29).
(29) Articolo così
sostituito dall'art. 24, L. 28 marzo 2001, n. 149.
TITOLO III
Dell'adozione internazionale
Capo I -
Dell'adozione di minori stranieri (30)
29. 1. L'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai
princìpi e secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei
minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta
a L'Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata "Convenzione",
a norma delle disposizioni contenute nella presente legge (31).
(30)
L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli
articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476,
riportata al n. XXV.
(31) L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è
stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art.
3, L. 31 dicembre 1998, n. 476, riportata al n. XXV.
29-bis. 1. Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle
condizioni prescritte dall'articolo 6 e che intendono adottare un
minore straniero residente all'estero, presentano dichiarazione di
disponibilità al tribunale per i minorenni del distretto in cui
hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro idoneità
all'adozione.
2. Nel caso di cittadini italiani residenti in uno
Stato straniero, fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 36, comma
4, è competente il tribunale per i minorenni del distretto in cui si
trova il luogo della loro ultima residenza; in mancanza, è
competente il tribunale per i minorenni di Roma.
3. Il tribunale
per i minorenni, se non ritiene di dover pronunciare immediatamente
decreto di inidoneità per manifesta carenza dei requisiti,
trasmette, entro quindici giorni dalla presentazione, copia della
dichiarazione di disponibilità ai servizi degli enti locali.
4. I
servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati,
anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie
locali e ospedaliere, svolgono le seguenti attività:
a)
informazione sull'adozione internazionale e sulle relative procedure,
sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei
confronti dei minori in difficoltà, anche in collaborazione con gli
enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter;
b) preparazione degli
aspiranti all'adozione, anche in collaborazione con i predetti
enti;
c) acquisizione di elementi sulla situazione personale,
familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro
ambiente sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro
attitudine a farsi carico di un'adozione internazionale, sulla loro
capacità di rispondere in modo adeguato alle esigenze di più minori
o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori
che essi sarebbero in grado di accogliere, nonché acquisizione di
ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del tribunale
per i minorenni della loro idoneità all'adozione.
5. I servizi
trasmettono al tribunale per i minorenni, in esito all'attività
svolta, una relazione completa di tutti gli elementi indicati al
comma 4, entro i quattro mesi successivi alla trasmissione della
dichiarazione di disponibilità (32).
(32) L'intero Capo I (artt.
da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a
39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476, riportata al n.
XXV.
30. 1. Il tribunale per i minorenni, ricevuta la relazione di cui
all'articolo 29-bis, comma 5, sente gli aspiranti all'adozione, anche
a mezzo di un giudice delegato, dispone se necessario gli opportuni
approfondimenti e pronuncia, entro i due mesi successivi, decreto
motivato attestante la sussistenza ovvero l'insussistenza dei
requisiti per adottare.
2. Il decreto di idoneità ad adottare ha
efficacia per tutta la durata della procedura, che deve essere
promossa dagli interessati entro un anno dalla comunicazione del
provvedimento. Il decreto contiene anche indicazioni per favorire il
migliore incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da
adottare.
3. Il decreto è trasmesso immediatamente, con copia
della relazione e della documentazione esistente negli atti, alla
Commissione di cui all'articolo 38 e, se già indicato dagli
aspiranti all'adozione, all'ente autorizzato di cui all'articolo
39-ter.
4. Qualora il decreto di idoneità, previo ascolto degli
interessati, sia revocato per cause sopravvenute che incidano in modo
rilevante sul giudizio di idoneità, il tribunale per i minorenni
comunica immediatamente il relativo provvedimento alla Commissione ed
all'ente autorizzato di cui al comma 3.
5. Il decreto di idoneità
ovvero di inidoneità e quello di revoca sono reclamabili davanti
alla corte d'appello, a termini degli articoli 739 e 740 del codice
di procedura civile, da parte del pubblico ministero e degli
interessati (33) (3/cost).
(33) L'intero Capo I (artt. da 29 a 39)
è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater,
dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476, riportata al n.
XXV.
(3/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 28 gennaio-5
febbraio 1998, n. 10 (Gazz. Uff. 11 febbraio 1998, n. 6, Serie
speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 6 e 30, sollevata in riferimento agli
artt. 2, 3, 10 e 31 della Costituzione.
31. 1. Gli aspiranti all'adozione, che abbiano ottenuto il decreto
di idoneità, devono conferire incarico a curare la procedura di
adozione ad uno degli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter.
2.
Nelle situazioni considerate dall'articolo 44, primo comma, lettera
a), il tribunale per i minorenni può autorizzare gli aspiranti
adottanti, valutate le loro personalità, ad effettuare direttamente
le attività previste alle lettere b), d), e), f) ed h) del comma 3
del presente articolo.
3. L'ente autorizzato che ha ricevuto
l'incarico di curare la procedura di adozione:
a) informa gli
aspiranti sulle procedure che inizierà e sulle concrete prospettive
di adozione;
b) svolge le pratiche di adozione presso le
competenti autorità del Paese indicato dagli aspiranti all'adozione
tra quelli con cui esso intrattiene rapporti, trasmettendo alle
stesse la domanda di adozione, unitamente al decreto di idoneità ed
alla relazione ad esso allegata, affinché le autorità straniere
formulino le proposte di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed
il minore da adottare;
c) raccoglie dall'autorità straniera la
proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da
adottare, curando che sia accompagnata da tutte le informazioni di
carattere sanitario riguardanti il minore, dalle notizie riguardanti
la sua famiglia di origine e le sue esperienze di vita;
d)
trasferisce tutte le informazioni e tutte le notizie riguardanti il
minore agli aspiranti genitori adottivi, informandoli della proposta
di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare e
assistendoli in tutte le attività da svolgere nel Paese
straniero;
e) riceve il consenso scritto all'incontro tra gli
aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, proposto
dall'autorità straniera, da parte degli aspiranti all'adozione, ne
autentica le firme e trasmette l'atto di consenso all'autorità
straniera, svolgendo tutte le altre attività dalla stessa richieste;
l'autenticazione delle firme degli aspiranti adottanti può essere
effettuata anche dall'impiegato comunale delegato all'autentica o da
un notaio o da un segretario di qualsiasi ufficio giudiziario;
f)
riceve dall'autorità straniera attestazione della sussistenza delle
condizioni di cui all'articolo 4 della Convenzione e concorda con la
stessa, qualora ne sussistano i requisiti, l'opportunità di
procedere all'adozione ovvero, in caso contrario, prende atto del
mancato accordo e ne dà immediata informazione alla Commissione di
cui all'articolo 38 comunicandone le ragioni; ove sia richiesto dallo
Stato di origine, approva la decisione di affidare il minore o i
minori ai futuri genitori adottivi;
g) informa immediatamente la
Commissione, il tribunale per i minorenni e i servizi dell'ente
locale della decisione di affidamento dell'autorità straniera e
richiede alla Commissione, trasmettendo la documentazione necessaria,
l'autorizzazione all'ingresso e alla residenza permanente del minore
o dei minori in Italia;
h) certifica la data di inserimento del
minore presso i coniugi affidatari o i genitori adottivi;
i)
riceve dall'autorità straniera copia degli atti e della
documentazione relativi al minore e li trasmette immediatamente al
tribunale per i minorenni e alla Commissione;
l) vigila sulle
modalità di trasferimento in Italia e si adopera affinché questo
avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri adottanti;
m)
svolge in collaborazione con i servizi dell'ente locale attività di
sostegno del nucleo adottivo fin dall'ingresso del minore in Italia
su richiesta degli adottanti;
n) certifica la durata delle
necessarie assenze dal lavoro, ai sensi delle lettere a) e b) del
comma 1 dell'articolo 39-quater, nel caso in cui le stesse non siano
determinate da ragioni di salute del bambino, nonché la durata del
periodo di permanenza all'estero nel caso di congedo non retribuito
ai sensi della lettera c) del medesimo comma 1 dell'articolo
39-quater;
o) certifica, nell'ammontare complessivo agli effetti
di quanto previsto dall'articolo 10, comma 1, lettera l-bis), del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le spese
sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di
adozione (34).
(34) L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato
così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L.
31 dicembre 1998, n. 476, riportata al n. XXV.
32. 1. La Commissione di cui all'articolo 38, ricevuti gli atti di
cui all'articolo 31 e valutate le conclusioni dell'ente incaricato,
dichiara che l'adozione risponde al superiore interesse del minore e
ne autorizza l'ingresso e la residenza permanente in Italia.
2. La
dichiarazione di cui al comma 1 non è ammessa:
a) quando dalla
documentazione trasmessa dall'autorità del Paese straniero non
emerge la situazione di abbandono del minore e la constatazione
dell'impossibilità di affidamento o di adozione nello Stato di
origine;
b) qualora nel Paese straniero l'adozione non determini
per l'adottato l'acquisizione dello stato di figlio legittimo e la
cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia di
origine, a meno che i genitori naturali abbiano espressamente
consentito al prodursi di tali effetti.
3. Anche quando l'adozione
pronunciata nello Stato straniero non produce la cessazione dei
rapporti giuridici con la famiglia d'origine, la stessa può essere
convertita in una adozione che produca tale effetto, se il tribunale
per i minorenni la riconosce conforme alla Convenzione. Solo in caso
di riconoscimento di tale conformità, è ordinata la
trascrizione.
4. Gli uffici consolari italiani all'estero
collaborano, per quanto di competenza, con l'ente autorizzato per il
buon esito della procedura di adozione. Essi, dopo aver ricevuto
formale comunicazione da parte della Commissione ai sensi
dell'articolo 39, comma 1, lettera h), rilasciano il visto di
ingresso per adozione a beneficio del minore adottando (35).
(35)
L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli
articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476,
riportata al n. XXV.
33. 1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso
nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è
consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di
visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non
sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto
grado.
2. È fatto divieto alle autorità consolari italiane di
concedere a minori stranieri il visto di ingresso nel territorio
dello Stato a scopo di adozione, al di fuori delle ipotesi previste
dal presente Capo e senza la previa autorizzazione della Commissione
di cui all'articolo 38.
3. Coloro che hanno accompagnato alla
frontiera un minore al quale non viene consentito l'ingresso in
Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel
Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il
caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di
origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo
superiore interesse.
4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel
caso in cui, per eventi bellici, calamità naturali o eventi
eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6
marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere
oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al
presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse
del minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di
frontiera segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al
tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di
residenza di coloro che lo accompagnano.
5. Qualora sia comunque
avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di
fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente
autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni
competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il
tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo
nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis,
qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione
alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine
del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34 (36).
(36)
L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli
articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476,
riportata al n. XXV.
34. 1. Il minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato
sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento
a scopo di adozione gode, dal momento dell'ingresso, di tutti i
diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare.
2.
Dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno un anno, ai fini di
una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi
socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su
richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i genitori
adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per
i minorenni sull'andamento dell'inserimento, segnalando le eventuali
difficoltà per gli opportuni interventi.
3. Il minore adottato
acquista la cittadinanza italiana per effetto della trascrizione del
provvedimento di adozione nei registri dello stato civile (37).
(37)
L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli
articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476,
riportata al n. XXV.
35. 1. L'adozione pronunciata all'estero produce nell'ordinamento
italiano gli effetti di cui all'articolo 27.
2. Qualora l'adozione
sia stata pronunciata nello Stato estero prima dell'arrivo del minore
in Italia, il tribunale verifica che nel provvedimento dell'autorità
che ha pronunciato l'adozione risulti la sussistenza delle condizioni
delle adozioni internazionali previste dall'articolo 4 della
Convenzione.
3. Il tribunale accerta inoltre che l'adozione non
sia contraria ai princìpi fondamentali che regolano nello Stato il
diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore
interesse del minore, e se sussistono la certificazione di conformità
alla Convenzione di cui alla lettera i) e l'autorizzazione prevista
dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 39, ordina la trascrizione
del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.
4.
Qualora l'adozione debba perfezionarsi dopo l'arrivo del minore in
Italia, il tribunale per i minorenni riconosce il provvedimento
dell'autorità straniera come affidamento preadottivo, se non
contrario ai princìpi fondamentali che regolano nello Stato il
diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore
interesse del minore, e stabilisce la durata del predetto affidamento
in un anno che decorre dall'inserimento del minore nella nuova
famiglia. Decorso tale periodo, se ritiene che la sua permanenza
nella famiglia che lo ha accolto è tuttora conforme all'interesse
del minore, il tribunale per i minorenni pronuncia l'adozione e ne
dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. In caso
contrario, anche prima che sia decorso il periodo di affidamento
preadottivo, lo revoca e adotta i provvedimenti di cui all'articolo
21 della Convenzione. In tal caso il minore che abbia compiuto gli
anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da
assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente
sentito; se di età inferiore deve essere sentito ove ciò non alteri
il suo equilibrio psico-emotivo, tenuto conto della valutazione dello
psicologo nominato dal tribunale (38).
5. Competente per la
pronuncia dei provvedimenti è il tribunale per i minorenni del
distretto in cui gli aspiranti all'adozione hanno la residenza nel
momento dell'ingresso del minore in Italia.
6. Fatto salvo quanto
previsto nell'articolo 36, non può comunque essere ordinata la
trascrizione nei casi in cui:
a) il provvedimento di adozione
riguarda adottanti non in possesso dei requisiti previsti dalla legge
italiana sull'adozione;
b) non sono state rispettate le
indicazioni contenute nella dichiarazione di idoneità;
c) non è
possibile la conversione in adozione produttiva degli effetti di cui
all'articolo 27;
d) l'adozione o l'affidamento stranieri non si
sono realizzati tramite le autorità centrali e un ente
autorizzato;
e) l'inserimento del minore nella famiglia adottiva
si è manifestato contrario al suo interesse (39).
(38) Comma così
modificato dall'art. 32, L. 28 marzo 2001, n. 149.
(39) L'intero
Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli
da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476,
riportata al n. XXV.