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Circolare n. 14751 del 26 luglio 2016 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Quesito - lavoratori richiedenti protezione internazionale ed asilo politico -

MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Direzione Generale per l' Attività Ispettiva
Divisione II

Con riferimento al quesito in oggetto, concernente l’occupazione irregolare di cittadini extracomunitari, richiedenti protezione internazionale ed asilo politico, si formulano le seguenti precisazioni.

Com’è noto, il Legislatore ha disciplinato la materia del riconoscimento dello status di rifugiato nel D. Lgs. 28 gennaio 2008 n. 25 emanato in attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

La normativa in questione è stata recentemente oggetto di significative modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 142/2015 attuativo delle Direttive 2013/33/UE e 2013/32/UE, sostanzialmente volte a migliorare l’accoglienza rendendo, tra l’altro, il procedimento di riconoscimento più spedito.

Il decreto legislativo n. 142/2015 qualifica come richiedente protezione internazionale, lo straniero o l’apolide che ha presentato domanda di protezione ai sensi del D.Lgs. n. 25/2008 per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, in ordine alla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva, ovvero che ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale.

L’art. 4 del citato decreto stabilisce che "al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda o comunque per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 19, commi 4 e 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150".

Il medesimo articolo, al terzo comma, dispone che "la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale, rilasciata contestualmente alla verbalizzazione della domanda (...), costituisce permesso di soggiorno provvisorio".

Ai sensi dell’art. 22, D.Lgs. n. 142/2015, il permesso di soggiorno per richiesta di asilo consente al richiedente protezione internazionale di espletare attività lavorativa decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di protezione laddove il relativo procedimento non si sia concluso ed il ritardo non sia ascrivibile al richiedente.

La suddetta norma inoltre dispone che tale permesso di soggiorno "non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro" atteso che risultano del tutto differenti i presupposti e i requisiti necessari per il rilascio dei due provvedimenti autorizzatori.

Ciò premesso, in risposta alle problematiche sollevate da codesta Direzione territoriale, riscontrate in sede di accertamento ispettivo, si ritiene opportuno evidenziare quanto segue.

Ai fini del corretto inquadramento giuridico della fattispecie, appare necessario, indipendentemente dalla documentazione di fatto esibita dai lavoratori stranieri o dal datore di lavoro in sede di controllo, procedere all’acquisizione della ricevuta di verbalizzazione della domanda di protezione internazionale, dal cui rilascio vanno calcolati i sessanta giorni per l’espletamento dell’attività lavorativa.

Il modello di ricevuta, approntato dal Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili, del resto, oltre a specificare che la stessa assume valore di permesso di soggiorno provvisorio, espressamente attesta che, decorso il termine di legge dal rilascio della ricevuta, il cittadino straniero "è autorizzato a svolgere attività lavorativa". (cfr. fac-simile allegato sub 1).

Pertanto, nel caso in cui venga riscontrata l’occupazione "in nero" - per mancanza della comunicazione preventiva di assunzione - dei cittadini stranieri in possesso della ricevuta di verbalizzazione della domanda, troverà applicazione la maxi sanzione ai sensi dell’art. 3, comma 3, D.L. n. 12/2002, conv. da L. n. 73/2002, come da ultimo modificato dall’art. 22, D.Lgs. n. 151/2015, ma non potrà ritenersi integrata la fattispecie penale di cui all’art. 22, comma 12, D. Lgs. n. 286/1998.

Diversamente, in tutti i casi in cui non sia stato rilasciato il permesso di soggiorno provvisorio (rectius la ricevuta della verbalizzazione della domanda) anche laddove la manifestazione di volontà sia stata espressa ma non verbalizzata (cfr. art. 26, comma 2-bis D.lgs 25/2008), ovvero non siano ancora trascorsi i sessanta giorni dal rilascio della ricevuta, appare opportuno che il personale ispettivo segua le medesime procedure previste in caso di irregolare occupazione di cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, ivi compreso l’interessamento delle forze dell’ordine per la verifica della posizione dei cittadini stranieri.

In tali casi, ferma restando la configurabilità dell’ipotesi di reato di cui all’art. 22, comma 12, del D Lgs. 286/1998 e la contestazione della fattispecie aggravata di maxi sanzione (art. 3, comma 3 quater D.L. 12/2002), va altresì esclusa l'operatività della diffida atteso che il lavoratore straniero non può essere considerato "occupabile".

IL DIRIGENTE
(Dott.ssa Ialaria FEOLA)

Allegato 1

Si attesta che il/la Sig./Sig.ra (...) sesso (...), nato/a (...), il (...), con codice fiscale provvisorio (...), di cittadinanza (...), domiciliato in (...) alla via (...).

Il (...), in data (...) ha formalizzato istanza di riconoscimento della protezione internazionale.

Si fa presente che, il/la Sig./Sig.ra (...) decorsi sessanta giorni dal presente verbale, è autorizzato a svolgere attività lavorativa se il procedimento di esame della domanda non si è concluso e il ritardo non è attribuito al richiedente (art. 22, c. 1 D.Lgs 142/15).

La presente attestazione, pur non certificando l’identità del richiedente, costituisce premesso provvisorio con validità dei sei mesi dalla data di rilascio (art. 4, cc. 1, 2 e 3, D.Lgs. 142/15).



Martedì, 26 Luglio 2016