Circolare n. 7 dell'8 luglio 2013 Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Le nuove misure per il lavoro - analisi e commento alle principali disposizioni contenute nel Decreto legge 76/2013 (pacchetto lavoro), oltre agli allegati con le tabelle di sintesi -
Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
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RAPPORTI DI LAVORO CON EXTRACOMUNITARI
1. LA RICERCA DI DISOCCUPATI IN ITALIA DEVE ANTICIPARE LA RICHIESTA EXTRA UE
Il comma 7 dell’art. 9 del DL n. 76/2013 disciplina in maniera stringente un adempimento fino ad ora solo formale, facendolo diventare condizione essenziale per potere accedere alla richiesta di nulla osta per l’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari.
Si tratta di modifiche apportate all’art.22 commi 2 e 4 del Dlgs n.286/98 (TU immigrazione).
La verifica di lavoratori presenti in Italia, extracomunitari e non, disponibili a svolgere le mansioni richieste, in precedenza prevista a posteriori rispetto alla presentazione dell’istanza e a cura dello Sportello Unico per l’immigrazione, adesso diventa un obbligo in capo al richiedente datore di lavoro e la richiesta, al Centro per l’Impiego deve essere effettuata prima e deve essere idoneamente documentata.
Con il termine “idoneamente documentata” si ritiene che sia sufficiente per il datore:
- presentare al Centro impiego competente una richiesta (inviata con raccomandata, con PEC o consegnata a mano e protocollata dal centro impiego) per le mansioni e l’orario necessari;
- acquisire dallo stesso, dopo alcuni giorni (20), una dichiarazione di indisponibilità di lavoratori. Oppure potrebbe essere applicato il sistema del silenzio produttivo d’effetti (non ricevere alcuna risposta entro un certo termine equivale ad indisponibilità di lavoratori).
Si tratta in verità di un’opportunità in più per i disoccupati ai quali viene offerto, “forzosamente”, un impiego. Si tratta di lavoratori italiani o stranieri che abbiano dato al Centro impiego la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ai sensi del Dlgs n.297/02.
Ricordiamo che il soggetto in cerca di lavoro ed interessato al riconoscimento dello stato di disoccupazione, deve presentarsi presso il Centro per l’Impiego nel cui ambito territoriale si trova il proprio domicilio per rendere la dichiarazione che attesti l’eventuale attività lavorativa precedente e l’immediata disponibilità allo svolgimento di altre.
Seppure apprezzabile lo sforzo tendente a far diminuire la disoccupazione l’impatto nel tessuto sociale, appare di scarso rilievo numerico ed in netta contrapposizione alla ormai assodata liberalizzazione dell’incontro fra domanda ed offerta di lavoro.
La novella normativa prevede, inoltre, una abrogazione esplicita del comma 4 del medesimo articolo 22 del TU sull’immigrazione.
Ricordiamo che tale comma 4 regolamentava già questa previsione di ricerca in Italia. Si tratta di una procedura che finora veniva attivata dallo Sportello Unico per l’immigrazione. Lo Sportello comunicava le richieste di nulla osta al Centro per l’impiego competente per provincia di residenza, domicilio o sede legale ed era quest’ultimo che provvedeva a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a rendere disponibili sul sito internet, o a pubblicizzarli con ogni mezzo in suo possesso. Se dopo 20 giorni nessun lavoratore presentava una richiesta, il Centro impiego provvedeva a trasmettere allo Sportello unico la certificazione negativa. In caso contrario le domande acquisite venivano comunicate al datore. In realtà si trattava di una pura formalità ed il datore, una volta informato, non aveva alcun obbligo di assumere quel lavoratore segnalato dal centro impiego.
Con le nuove regole, si ritiene che il Centro impiego debba svolgere ugualmente tutte le operazioni sopra elencate (diffusione offerte, sito internet, pubblicità con diversi canali), ma la richiesta dovrà pervenire dal datore di lavoro.
Un dubbio rimane per le ipotesi in cui siano disponibili lavoratori per lo svolgimento delle mansioni e dell’orario richieste dal datore. La norma non prevede imposizioni per l’assunzione, ma di fatto impedisce l’accesso alla procedura di ingresso.
2. INGRESSO DI EXTRACOMUNITARI PER CORSI DI FORMAZIONE E TIROCINI
Con il comma 8 dell’art.9 cambia la programmazione, ampliandone la durata, degli ingressi per chi entra in Italia per frequentare corsi di formazione professionale o per svolgere tirocini formativi. Il tetto massimo verrà fissato ogni tre anni, entro il 30 giugno dell’anno successivo al triennio, con un decreto del ministero del Lavoro, di concerto con il ministero dell’interno e quello degli affari esteri, sentita la Conferenza per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome. I visti rilasciati saranno portati in detrazione dal contingente indicato dal decreto triennale adottato successivamente.
Il vantaggio indubbio della durata triennale è quello di consentire ai datori di lavoro, in particolar modo le imprese, di pianificare meglio le attività.
L’aspetto negativo è invece certamente imputabile alla prevista necessità di parere della Conferenza per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome fondata sulla competenza concorrente di cui all’art. 117 della Costituzione in materia formativa.
Il DL n.76/2013, prevede una fase transitoria durante la quale gli ingressi saranno liberi. Finché non sarà emanato per la prima volta il decreto, infatti, le rappresentanze diplomatiche e i consolati, potranno comunque rilasciare visti d’ingresso a chi è in possesso dei requisiti, senza limiti numerici.
Il DL n. 76/13 però, nulla dice in caso di mancata emanazione dei successivi decreti alla scadenza del triennio, ne se tali ingressi senza limiti debbano essere portati in detrazione dal contingente indicato dal decreto triennale non appena adottato.
Il comma 5 dell’art. 44bis del DPR 394/99, prevede oggi che lo straniero in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio che intende frequentare corsi di formazione professionali organizzati da enti di formazione accreditati, secondo le norme attuative dell’articolo 142, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, finalizzati al riconoscimento di una qualifica o, comunque, alla certificazione delle competenze acquisite, di durata non superiore a 24 mesi, può essere autorizzato all’ingresso nel territorio nazionale, nell’ambito del contingente annuale determinato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al comma 6. La presente disposizione si applica anche agli ingressi per i tirocini formativi di cui all’articolo 40, comma 9, lettera a).
Con le modifiche introdotte, quindi, senza il primo decreto triennale, i visti saranno rilasciati senza limiti numerici.
Per l’anno 2012 il contingente relativo all’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari per la partecipazione a corsi di formazione professionale o a tirocini formativi era stato fissato con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 12 luglio 2012 (GU n.216/12) in 5000 unità. Le quote erano riservate agli stranieri che intendevano fare ingresso in Italia per svolgere corsi di formazione professionali organizzati da enti di formazione accreditati, finalizzati al riconoscimento di una qualifica o alla certificazione delle competenze acquisite in patria. Le quote relative agli ingressi per tirocinio erano ripartite a livello regionale.
Tali quote erano disponibili, fino ad esaurimento, per tutto il 2012 e, nelle more dell’adozione dell’annuale decreto, anche per i primi mesi del 2013.
Si ritiene che la procedura da attivare presso lo sportello unico per l’immigrazione sia quella consueta, anche in caso di ingressi liberi che potranno avvenire prima dell’emanazione del primo decreto triennale.
3. MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI
Con il comma 9 dell’art.9 arrivano nuove risorse economiche per il “Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati”.
Questo potrà avvenire perché il nuovo decreto vi fa confluire le risorse residue derivanti dalle procedure di spesa autorizzate per fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all’eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa (Ordinanza del Presidente del Consiglio n.3933/11 pubblicata in GU n. 91/11) e regolamento della chiusura dello stato di emergenza umanitaria e rientro nella gestione ordinaria da parte del Ministero dell’interno e altre amministrazioni competenti (Ordinanza Capo dipartimento protezione civile n. 33/12 pubblicata in GU n. 7/13). Ricordiamo che per “minore straniero non accompagnato”, si intende “il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano” (art. 1, comma 2, del D.P.C.M. n. 535/99).
Si tratta dunque di uno storno di spesa da un capitolo ad un altro del bilancio.
4. REGOLARIZZAZIONE EXTRACOMUNITARI ANNO 2012
Con il comma 10 dell’art.9 vengono ampliate le possibilità di rilascio del permesso di soggiorno a seguito della regolarizzazione per i lavoratori interessati all’emersione ai sensi dell’art. 5 del DLgs n.109/12.
Ricordiamo che il “ravvedimento operoso” del 2012, prevedeva la possibilità, per imprese e famiglie che impiegavano lavoratori irregolari almeno dal 9 maggio 2012, di evitare le sanzioni presentando una dichiarazione di emersione dal 15 settembre al 15 ottobre 2012.
I datori in regola con i requisiti richiesti (assenza di condanne, adeguato reddito, ecc.) avrebbero dovuto pagare un contributo forfetario di 1000 euro, regolarizzare solo a tempo pieno (tranne i datori di lavoro domestico) e dimostrare (alla data di stipula del contratto di soggiorno) di aver pagato almeno sei mesi di retribuzione, contributi e Irpef. I lavoratori, invece, per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno, dovevano anche dimostrare (con documentazione proveniente da organismi pubblici) di essere in Italia ininterrottamente almeno dal 31 dicembre 2011.
Le modifiche introdotte dal comma 10 dell’art. 9 decreto legge n. 76/13 tutelano, quindi, i lavoratori destinatari della regolarizzazione dalle conseguenze di carenze e/o inadempienze non a loro imputabili.
Condizione essenziale resta quella di dimostrare la presenza sul territorio italiano alla data del 31/12/11 ed il pagamento da parte del datore di lavoro dei 1000 euro.
Certamente la modifica normativa avrà un duplice effetto: da una parte evitare un notevole contenzioso, dall’altra consentire ai lavoratori interessati di non essere attratti nella sfera del lavoro nero.
4.1 Rigetto per cause del datore di lavoro
Con il comma 10 dell’art. 9 del dl 76/13 si prevede l’introduzione di un nuovo comma (11bis) al DLgs n. 109/12 che consente, per alcuni casi specifici, il rilascio del permesso di soggiorno “in attesa di occupazione” al lavoratore.
Questo potrà avvenire per le dichiarazioni di emersione rigettate per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello Sportello Unico della sussistenza del rapporto di lavoro, del pagamento del contributo forfetario di 1000 euro per ciascun lavoratore (art. 5 comma 5 Dlgs n. 109/12) e del requisito della presenza in Italia al 31 dicembre 2011, o in data precedente (art. 5 comma 1 Dlgs n. 109/12).
Ricordiamo che il termine per il pagamento del contributo forfetario di 1000 euro scadeva il 15 ottobre 2012 e costituiva una manifestazione espressa di volontà del datore di procedere alla regolarizzazione del rapporto di lavoro con l’extracomunitario.
Ricordiamo che la presenza in modo ininterrotto in Italia dell’extracomunitario almeno dal 31 dicembre 2011 deve essere attestata da documentazione proveniente da organismi pubblici così come indicato nella circolare del ministero dell’interno n.6121/12.
Con le modifiche apportate, sono anche archiviati i procedimenti penali e amministrativi (art. 5 comma 6 del Dlgs n.109/12) a carico del lavoratore, mentre nei confronti del datore di lavoro si procede con l’archiviazione (art. 5 comma 10 Dlgs n. 109/12) dei procedimenti penali e amministrativi nel caso in cui l’esito negativo del procedimento derivi da motivo indipendente dalla volontà o dal comportamento del datore di lavoro.
Invece, nei casi in cui non venga presentata la domanda di emersione o il procedimento sia stato archiviato o sia stata rigettata la dichiarazione, per il datore di lavoro cessa anche la sospensione dei procedimenti penali e amministrativi (art. 5 comma 6 Dlgs n.109/12). Questo comporta l’applicazione delle sanzioni per le violazioni relative al DLgs n.109/12 e all’impiego di lavoratori.
Il permesso di soggiorno rilasciato al lavoratore in attesa di occupazione a seguito delle nuove norme, ha la durata di un anno, è può essere convertito in un permesso di lavoro se nel frattempo l’immigrato trova occupazione.
4.2 Cessazione del rapporto
L’art.9 al comma 10 prende in esame anche l’ipotesi in cui, per le dichiarazioni di emersione non ancora definite, sia avvenuta una cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni o licenziamento. In tale ipotesi la procedura d’emersione per il lavoratore si intende conclusa con il rilascio del permesso di soggiorno “in attesa di occupazione”. Nel caso in cui intervenga una richiesta di assunzione da parte di un nuovo datore di lavoro, al lavoratore sarà rilasciato il permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Anche in tale ipotesi il lavoratore e datore potranno godere dell’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni delle norme, rispettivamente, sull’ingresso e soggiorno irregolare e sull’impiego irregolare di lavoratori (art. 5 comma 6 Dlgs n.109/12).
Il “permesso di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale” rilasciato al lavoratore a seguito dell’emersione, consente lo svolgimento del lavoro dipendente fino alla scadenza in esso indicata, con la possibilità di rinnovo a determinate condizioni (proseguimento del lavoro, nuovo lavoro, ecc.).
La durata del permesso varierà a seconda del contratto di lavoro adottato, ma è possibile la permanenza in Italia dell’extracomunitario anche in caso di perdita del posto di lavoro. L’art.4 comma 30 della riforma del lavoro (legge 92/12), ridisegna il precedente quadro normativo prevedendo che, con adeguati requisiti reddituali, l’extracomunitario possa restare in Italia anche se privo di un posto di lavoro.
4.3 Pagamento del precedente datore
Il datore che aveva presentato la domanda di regolarizzazione per la quale sia intervenuta la risoluzione del rapporto, sarà comunque tenuto a pagare la retribuzione, i contributi, i premi e l’Irpef fino alla data di cessazione del rapporto.
Ricordiamo che i pagamenti ai quali era tenuto il datore di lavoro per portare a buon fine l’operazione di emersione erano i seguenti:
1. contributo forfetario (non deducibile imposte sul reddito) di 1.000 euro per ciascun lavoratore da pagare con “F24 Versamenti con elementi identificativi” dal 7 settembre sino a prima di presentare la domanda (15 ottobre 2012);
2. marca da bollo da euro 14,62 necessaria per inviare la domanda;
3. almeno 6 mesi (dal 09 maggio 2012 al 15 ottobre 2012 o maggior periodo di occupazione, dalla data di inizio del rapporto di lavoro irregolare fino alla data della stipula del CDS) di retribuzione, contributi e Irpef alla data di convocazione allo Sportello Unico (autocertificazione della regolarizzazione).
Gli uffici, inoltre, potranno verificare i requisiti in capo al datore di lavoro che ha presentato la denuncia di emersione, ai fini dell’applicazione o meno della sospensione dei procedimenti penali e amministrativi (comma 10 dell’art.5 del Dlg n.109/12).
EMERSIONE LAVORATORI STRANIERI
Art 9 comma 10
10. All’articolo 5 del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, dopo il comma 11, sono aggiunti i seguenti commi:
“11-bis. Nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l’immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione. I procedimenti penali e amministrativi di cui al comma 6, a carico del lavoratore, sono archiviati. Nei confronti del datore di lavoro si applica il comma 10 del presente articolo.
11-ter. Nei casi di cessazione del rapporto di lavoro oggetto di una dichiarazione di emersione non ancora definita, ove il lavoratore sia in possesso del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, la procedura di emersione si considera conclusa in relazione al lavoratore, al quale è rilasciato un permesso di attesa occupazione ovvero, in presenza della richiesta di assunzione da parte di un nuovo datore di lavoro, un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, con contestuale estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 6.
11-quater. Nell’ipotesi prevista dal comma 11-ter, il datore di lavoro che ha presentato la dichiarazione di emersione resta responsabile per il pagamento delle somme di cui al comma 5 sino alla data di comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro; gli uffici procedono comunque alla verifica dei requisiti prescritti per legge in capo al datore di lavoro che ha presentato la dichiarazione di emersione, ai fini dell’applicazione del comma 10 del presente articolo.”.
STRANIERI
Art 9 comma 7 al 9
7. All’articolo 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, dopo le parole: “deve presentare” sono aggiunte le seguenti: “, previa verifica, presso il centro per l’impiego competente, della indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale, idoneamente documentata,”;
b) il comma 4 è abrogato.
8. Il contingente triennale degli stranieri ammessi a frequentare i corsi di formazione professionale ovvero a svolgere i tirocini formativi di cui all’articolo 44- bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 è determinato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell’interno e degli affari esteri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanarsi ogni tre anni entro il 30 giugno dell’anno successivo al triennio. In sede di prima applicazione della presente disposizione, le rappresentanze diplomatiche e consolari, nelle more dell’emanazione del decreto triennale di cui al presente comma e, comunque, non oltre il 30 giugno di ciascun anno non ancora coperto dal decreto triennale, rilasciano i visti di cui all’articolo 44-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, previa verifica dei requisiti previsti dal medesimo comma 5.
Il numero di tali visti viene portato in detrazione dal contingente indicato nel decreto triennale successivamente adottato. Qualora il decreto di programmazione triennale non venga adottato entro la scadenza stabilita, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali può provvedere, in via transitoria, con proprio decreto annuale nel limite delle quote stabilite nell’ultimo decreto emanato. Lo straniero in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio che intende frequentare corsi di formazione professionali ai sensi dell’articolo 44-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 può essere autorizzato all’ingresso nel territorio nazionale, nell’ambito del contingente triennale determinato con il decreto di cui alla presente disposizione. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
9. Le risorse residue derivanti dalle procedure di spesa autorizzate ai sensi dell’articolo 5 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3933 del 13 aprile 2011, all’esito delle attività solutorie di cui all’articolo 1, comma 5, lettera d), dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 33 del 28 dicembre 2012, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, di cui all’articolo 23, comma 11, della legge 7 agosto 2012, n. 135. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio.
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Lunedì, 8 Luglio 2013