Decreto n. 15 del 30 gennaio 2012 Presidenza del Consiglio dei Ministri
Adozione di una raccomandazione generale ai sensi dell'art. 7, comma 2, lettera e) D.Lgs n. 215/2003 in materia di iscrizione nei registri della popolazione residente
Dipartimento delle pari opportunità
Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica
Adozione di una raccomandazione generale ai sensi dell'art. 7, comma 2, lettera e) D.Lgs n. 215/2003 in materia di iscrizione nei registri della popolazione residente.
VISTA la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante "disciplina dell'attività di governo e ordinamento della presidenza del Consiglio dei Ministri"
VISTO il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, recante "ordinamento della presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59" e successive modificazioni ed integrazioni;
VISTA la Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine;
VISTA la legge 1 marzo 2002, n. 39, recante "disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle comunità europee. Legge comunitaria 2001", con particolare riferimento all'articolo 29;
VISTO il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, recante "attuazione della direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica";
VISTO il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 11 dicembre 2003, recante "costruzione e organizzazione interna dell'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni, di cui all'art. 29 della legge comunitaria 1 marzo 2002, n. 39";
VISTO il D. P. C. M. del 14 maggio 2009, registrato alla corte dei conti il 23/7/2009 reg: n. 7 foglio 295, con il quale è stato conferito al Dott. Massimiliano Monnanni l'incarico di direttore generale dell'ufficio nazionale antidiscriminazione razziali nell'ambito del Dipartimento delle pari opportunità;
VISTO il proprio Decreto Rep. n. 215 del 27 luglio 2010, co il quale, ell'ambito dei compiti assegnati all'Ufficio ai sensi e per gli effetti dell'articolo 7 del D.Lgs. 215/2003 e 2 del DPCM 11 dicembre 2003, si è inteso costituire, all'interno dell'ufficio nazionale antidiscriminazione razziali, un apposito Comitato tecnico per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle destinazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica;
VISTO il proprio Decreto Rep. n. 221 del 4 agosto 2010, con il quale si è provveduto, in adempimento di quanto previsto dall'articolo 4 del Decreto Rep n. 215 del 27 luglio 2010 alla costruzione formale del Comitato tecnico dell'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 2003 n. 215;
RITENUTO di procedere all'adozione formale di una raccomandazione generale ex art. 7, comma 2, lettera e) , D.Lgs. 215/2003 in materia di iscrizione nei registri della popolazione residente;
RICHIAMATA l'istruttoria svolta dall'avvocato Olga Marotti, esperta presso l'ufficio ai sensi dell'articolo 3, comma 2, dalla DPCM 11 dicembre 2003, all'uopo incaricato dal direttore dell'ufficio;
PRESO ATTO altresì dell'attività di consulenza tecnico-giuridica svolta in proposito dal Comitato tecnico nella seduta del 17 gennaio u.s.;
RITEUTO pertanto di procedere all'adozione formale di una raccomandazione generale prese sensi dell'art. 7, comma 2, lettera e), D.Lgs. n. 115/2003 in materia di iscrizione nei registri della popolazione residente,
- Di adottare ai sensi dell'art. 7, comma 2 , lettere e), D.Lgs n. 215/2003 una raccomandazione generale in materia di iscrizione nei registri della popolazione residente, che, allegata sotto la lettera "A", costituisce parte integrante e sostanziale del presente decreto;
- Di trasmettere la raccomandazione in oggetto alle parti potenzialmente interessate, curandone la relativa diffusione, oltre che sul proprio sito www.unar.it, anche mediante le Prefetture, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, l'Unione delle Province Italiane (UPI) e l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI).
dott. Massimiliano Monnanni
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Allegato "A" al Rep. n. 15 del 30 gennaio 2012
Adozione di una raccomandazione generale ai sensi dell'art. 7, comma 2, lettera e) D.Lgs n. 215/2003 in materia di iscrizione nei registri della popolazione residente.
Premessa
Il decreto legislativo 2 luglio 2003, n. 215 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali (U.N.A.R.) Con il compito di svolgere, in modo autonomo imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica (art. 7, comma 1, d.lgs. 215/2003).
Tra i compiti esplicativi della funzione cui è preposto, la legge attribuisce all'U.N.A.R., Anche quello di formulare raccomandazione pareri su questioni connesse alle discriminazioni per razza e origine etnica (art. 7, comma 2, lett. e) ); l'attuazione di tale compito è prevista per l'efficacia dell'azione amministrativa collegata alla prevenzione dei fenomeni discriminatori e ciò in quanto per il suo tramite si consente a tutti gli operatori del settore (uffici ed enti pubblici parti sociali) di interpretare e applicare uniformemente le norme di riferimento, nazionali e sovranazionali, concorrendo all'attuazione del principio di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost).
L'U.N.A.R., In ottemperanza al compito attribuito per legge, con la formazione di raccomandazione si fa quindi carico di segnalare i possibili profili di illegittimità degli atti e comportamenti che persone, enti pubblici e privati possono porre in essere in violazione dei principi di parità di trattamento e con riferimento alle fattispecie discriminatorie previste dall'art. 43 T.U.I. 286/1998.
La tematica affrontata nel presente atto riguarda essenzialmente i requisiti materia di iscrizione anagrafica dei soggetti che non sono cittadini italiani, in funzione del limite oltre il quale si potrebbe configurare un'ipotesi di discriminazione.
Fondamento della raccomandazione è la dimensione costituita dell'eguaglianza, nel senso che trattamenti differenziati tra soggetti (stranieri e cittadini italiani), in relazione alla fruizione dei diritti essenziali della persona, rappresentano una discriminazione (cfr art. 3 Cost. e art. 3 del d.lgs n. 215/2003, con il quale è stata recepita in Italia la direttiva n. 2000/43/CE in materia di contrasto alle discriminazioni su base clinica e razziale).
La Cstituzione italiana, all'art 10, comma 2, subordina l'accesso e il godimento dei diritti sociali degli stranieri alle previsioni di legge, ma in conformità alle norme dei trattati internazionali. Il testo unico sull'immigrazione (TUI), fornisce la sistemazione dei principi dell'articolo 10 citato.
Pertanto, l'ambito soggettivo della presente raccomandazione riguarda principalmente gli stranieri extracomunitari, stante, per gli stranieri comunitari, a garanzia delle libertà di circolazione e l'assimilazione alle condizioni di trattamento previste dallo Stato per i propri cittadini in conformità agli strumenti normativi specifici vigenti.
L'ambito oggettivo prende in considerazione l'iscrizione anagrafica e le ipotesi di limitazione o diniego dalla stessa.
Il riconoscimento del diritto di non discriminazione previsto dall'articolo 12 del Trattato europeo, il quale dispone che "..... è vietata ogni discriminazione fondata sulla nazionalità", dovrebbe comportare l'adozione e il mantenimento di un sistema che abbia la capacità di rimuovere ogni tipo di discriminazione indiretta ed indiretta.
La presente raccomandazione concerne una problematica di rilievo nell'ambito della politica antidiscriminazione. Sono stati sottoposti all'attenzione dell'U.N.A.R., Attraverso segnalazioni di singoli e di associazioni, ma i casi di "possibile fattispecie di discriminazione" collegate all'iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri, sia comunitari che appartenente a Paesi terzi.
Considerato che:
La funzione dell'anagrafe, o registro della popolazione residente, è quella di registrare nominativamente, in base a caratteri, totale o sociale, i soggetti residente in ogni Comune, tanto singoli, quanto come componenti di una famiglia o di una convivenza, nonché di registrare l'eventuale variazione della situazione accertata.
Il concetto di residenza in generale si rinviene, come noto, nell'art 46 del codice civile e coincide con quello della dimora abituale, ovvero si costituisce di due elementi: quel oggettivo della permanenza abituale della persona in un certo luogo o quello soggettivo della volontarietà di tale stabile permanenza, desumibile anche dalla condotta della persona.
L'iscrizione anagrafica è individuata, nell'ambito del nostro ordinamento giuridico, come un diritto soggettivo "perfetto" per tutte le persone, italiani o stranieri regolarmente soggiornanti, che si trovano sul territorio nazionale in maniera non transitoria o occasionale.
La legge anagrafica (legge 24 dicembre 1954,n. 1128, e successive modificazioni e relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.R. n. 223 del 1989) all'art. 2 fa "obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la potestà o la tutela, l'iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazioni di posizioni anagrafiche."
La rispondenza nell'anagrafe alla propria funzione istituzionale e normativa, che, quindi, la regolare tenuta dei registri, implica la coesistenza di due fattori:
1) l'andamento dell'obbligo anagrafico da parte dei competenti Uffici comunali "cfr d,lgs. 267/2000, conosciuto come TUEL, all'art. 13: "spetta al Comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione del territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, ..... omissis" e all'art. 14 rubricato Compiti del Comune per i servizi di competenza statale che recita "il Comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe,..... omissis."
2) l'adempimento degli obblighi da parte dei singoli cittadini, l'iscrizione e dichiarazione di mutamenti intervenuti tali da consentire che registro rispecchi la realtà effettiva.
È importante sottolineare poi come l'attività anagrafica sia una base essenziale allo svolgimento di altrettanto importanti servizi pubblici, come quello scolastico, tributario, elettorale, assistenziale, diceva, ciò che fa ben comprendere come il diniego o la limitazione all'iscrizione di alcuni soggetti possa avere ricadute fortemente negative sulla fruizione di diritti fondamentali sull'individuo.
Sul tema dell'iscrizione anagrafica è intervenuto con propria circolare n. 8 del 29 maggio 1995 in materia di iscrizione anagrafica dei cittadini italiani, il Ministero dell'Interno che ha precisato, tra l'altro "In effetti, in presenza di quello che costruisce un diritto-dovere del cittadino, richiedere ed avere la residenza anagrafica, non si può assolutamente ipotizzare l'esistenza di una discrezionalità dell'amministrazione comunale, ma soltanto il dovere di compiere un atto dovuto ancorato all'accertamento obiettivo di un presupposto di fatto, e cioè la presenza abituale del soggetto sul territorio comunale."
Il d.lgs 25 luglio 1998, n. 286, T.U.I., all'art. 6, comma 7, prevede che "Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornanti sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento d'attuazione", così stabilendo parità di condizioni in materia tra cittadini stranieri e italiani.
Inoltre, il relativo regolamento di attuazione, DPR n. 394/99, (modificato dal d.p.r. n. 334/04), all'art. 15, comma 1, prevede che "l'iscrizione alle variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornanti sono effettuate nei casi e secondo i criteri previsti dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dalla regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, come modificato dal presente regolamento", così confermando, attraverso tale rimando alla norma fondamentale in materia di anagrafe, la parificazione dei cittadini italiani e stranieri regolarmente soggiornanti.
La richiamata circolare n. 8 del Ministero dell'Interno del 29 maggio 1995 dichiara altresì che "la richiesta d'iscrizione anagrafica, che costituisce un diritto soggettivo del cittadino, non appare vincolata alla sua condizione, né potrebbe essere il contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e di stabilimento dei cittadini sul territorio nazionale, in palese violazione dell'art. 16 della Carta Costituzionale".
Potrebbe sussistere, dunque, l'illegittimità di atti amministrativi, quali ordinanze sindacali o dei libri di giunta che imponessero requisiti ulteriori o più stringenti ai cittadini stranieri comunitari rispetto a quelli richiesti ai cittadini italiani, per la possibile violazione della normativa antidiscriminazioni, è, in particolare sulle norme poste, sia a livello interno che dal diritto comunitario, a presidio di garanzia della parità di trattamento dei cittadini degli Stati membri e stranieri, siano essi extracomunitari o appartenenti ad altro Stato membro dell'Unione.
Laddove quindi, mediante disposizioni contenute in ordinanze comunali, delibera di giunta, o altri atti amministrativi fossero introdotti requisiti ulteriori e più restrittivi, o un trattamento differenziale deteriore per i cittadini stranieri comunitari, rispetto ai cittadini italiani, in tema di attuazione delle disposizioni legislative generali in materia di iscrizione nel registro della popolazione residente, potrebbe determinarsi la violazione del principio di parità di trattamento perché sussisterebbe una trattamento differenziale in peius per tali cittadini stranieri. Nel caso potrebbe configurarsi una discriminazione diretta consistente nel prevedere un obbligo ulteriore per gli stranieri rispetto ai cittadini italiani in analoga situazione, ovvero richiedenti l'iscrizione anagrafica, in violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, e di parità di trattamento previsto dal T.U.I. all'art. 2 comma 2 e dall'art. 2 del decreto-legge 9 luglio 2003 n. 215, con il quale è stata recepita in Italia la direttiva europea in materia di contrasto alle discriminazioni su base clinica e razziale (Direttiva n. 2000/43/CE).
In particolare, l'obbligo di documentare possesso dei requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla norma fondamentale in materia di iscrizione anagrafica, oltre ad essere in contrasto con quanto disposto dal richiamato art. 6, comma 7 del T.U.I. circa l'identità di condizioni per l'iscrizione anagrafica dei cittadini italiani e stranieri, si porrebbe altresì in contrasto con quanto disposto dalla legge sull'iscrizione anagrafica in tal modo integrando una discriminazione nei loro confronti.
Alla conclusione citata è, peraltro, pervenuto recentemente il Tribunale di Brescia (cfr Tribuale di Brescia, sentenza 8 aprile 2010 Sezione Volotaria giurisdizione) affermando che "la parte di informativa o circolare che si riferisce ai cittadini extracomunitari, laddove pone la produzione di documento ulteriore rispetto a quelli richiesti per un cittadino italiano ha carattere discriminatorio".
- Per quanto riguarda i cittadini comunitari, il d.lgs 6 febbraio 2007, n. 30, per i cittadini comunitari che lavorino in Italia richiede, ai fini dell'iscrizione anagrafica, il possesso di:
a) un documento d'identità valido l'espatrio;
b) il codice fiscale;
c) la documentazione attestante l'attività lavorativa autonoma o subordinata;
Per quelli che siano iscritti a un corso di studi o di formazione professionale:
a) un documento d'identità valido per l'espatrio;
b) il codice fiscale;
c) la documentazione attestante l'iscrizione al corso di studio o formazione professionale;
d) una polizza sanitaria;
e) l'autocertificazione delle disponibilità di risorse economiche.
Uguali requisiti sono richiesti e di cittadino comunitario presenti in Italia per altri motivi.
- Per l'iscrizione di un familiare comunitario di cittadino comunitario già residente in Italia sono necessari:
a) un documento d'identità valido per l'espatrio;
b) codice fiscale;
c) la documentazione attestante il legame di parentela;
d) l'autocertificazione di essere a carico solo nei casi previsti dalla legge (figlio maggiore di anni 21 a carico dei genitori a carico);
e) l'attestazione di iscrizione in anagrafe del familiare già residente.
La direttiva n. 38/2004 dell'Unione Europea, recepita con il citato d.lgs. 30/2007, assegna funzioni importantissime agli uffici anagrafe dei Comuni per quanto riguarda l'iscrizione dei cittadini comunitari che costituisce di fatto la carta di soggiorno, ma non prevede, come necessario il possesso, ad esempio, del passaporto per tutte le categorie prese in considerazione. Il requisito del passaporto si potrebbe porre, dunque, in contrasto con il principio di libera circolazione, correlato a quello per il quale, nell'ambito dell'Unione (spazio Schengen), è necessaria solo la dimostrazione incontrovertibile della propria identità e della liceità all'espatrio.
Con riferimento alle eventuali verifiche circa l'effettiva sussistenza del requisito igienico sanitario, l'art. 1 comma 19 della legge del 15 luglio 2009, n. 94, entrata in vigore l'8 agosto 2009, ha previsto la facoltà di verifica del possesso dei requisiti igienico sanitari nei confronti di chi richiede l'iscrizione anagrafica, e non l'obbligo che non potrebbe, dunque, essere imposto al livello di competenza regolamentare comunale.
Il tema sarà affrontato anche dal Tribunale di Brescia nella decisione citata, ove si afferma che "esula dalle sue attribuzioni di ufficiale di anagrafe qualsiasi scelta diretta fronteggiare il fenomeno migratorio..... (omissis)... l'art. 54 TUEL riconosce un sindaco anche competenze in materia di ordine pubblico e sicurezza, tra le quali non rientrano, all'evidenza, l'iscrizione anagrafica condizionate all'esistenza dei requisiti ben individuati e uguale per tutti i soggetti richiedenti, siano essi cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti da."
La competenza normativa, in materia di immigrazione di condizione giuridica degli stranieri, nonché di anagrafe, come disposto dall'art. 117 Cost. comma 2, lett. b) e lett. i) a seguito della riforma del titolo V, appartiene allo Stato: eventuali modifiche possono essere contenute solo nella normazione statale ordinanze che prevedessero per i cittadini extracomunitari dei requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge fondamentale in materia di anagrafe richiamata dal T.U.I., travalicherebbe duque le competenze comunali.
In tal senso, il Tribunale di Brescia, nella citata pronuncia, afferma che "se è vero da un canto che il Sindaco, in materia di anagrafe, ha la funzione di tenuta dei registri di Stato Civile (TUEL art. 54 comma 3), di tenuta dell'anagrafe della popolazione residente ed esecuzione degli adempimenti prescritti per la formazione alla tenuta degli atti anagrafici (legge n. 1228/54 artt. 3 e 4) e, come tale, esercita i poteri di Ufficiale del Governo, è altrettanto vero dall'altro che esula dalle sue attribuzioni di Ufficiale di anagrafe qualsiasi scelta diretta fronteggiare il fenomeno migratorio.... omissis.... l'art. 54 del TUEL riconosce al Sindaco anche competenze in materia di ordine pubblico e sicurezza, tra le quali non rientrano, all'evidenza, l'iscrizione anagrafica condizionate all'esistenza dei requisiti ben individuati ed uguale per tutti i soggetti richiedenti, siano cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti in Italia"
Sulla base delle ragioni suesposte, l'U.N.A.R., ai sensi dell'art. 7, comma 2 lett. e) del D.Lgs 215/2003, formulata e destinatari di tale atto la seguente
mantenere ferma la tensione alle situazioni segnalate, evitando di prevedere, ai fini dell'iscrizione anagrafica di stranieri comunitari, documentazione o possesso dei requisiti ulteriori rispetto a quelli richiesti ai cittadini italiani, che per i cittadini di Paesi estranei all'UE, il possesso dei requisiti ulteriori rispetto a quelle contemplate dal T.U.I., ovvero permesso di soggiorno annuale e passaporto in corso di validità.
Ai destinatari si raccomanda altresì di cooperare, attraverso gli uffici competenti, con l'ufficio nazionale antidiscriminazione razziali nell'espletamento dei compiti ascittigli dalla legge, anche mantenendovi un dialogo costante, leale ed istituzionale sui temi di interesse.
Lunedì, 30 Gennaio 2012